Momenti di Gioia

Sarebbe stato meglio titolare “momenti di gloria”, come l’omonimo film, ma della gloria, nel dorato mondo del Custom , ti accorgi presto che non te ne fai un bel niente. Meglio concentrarsi sulla gioia, la tua  e quella degli amici per i risultati ottenuti in una sfida o semplicemente per lo stare insieme.

Wheels and Waves, El rollo, Over the Top e Glemseck 101 sono gli ultimi eventi, dall’ultimo articolo scritto, a cui ho partecipato dove ho rincontrato un sacco di amici.

Del W&W non ho avuto tempo e voglia di scrivere, come di una relazione che ormai si è sfilacciata ma non hai il coraggio di troncare. Ormai, almeno per me, si tratta di un amore lontano. Trasformatasi da evento di costume, unico e incredibile in una piccola Eicma dove l’unico momento di “spontaneità tribale” è rappresentato dal circo del burnout alla Place du Port davanti al Cafè Miguel….che tristezza. Quest’anno la manifestazione è stata rovinata dal maltempo e non è riuscita a dare il meglio di se ma, sotto tutta quella pioggia, uno sprazzo di sole si è visto.

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La carovana di Deus ex Machina ci ha regalato la cosa più incredibile che, ci scommetto, neppure gli amici del W&W si aspettavano. La tappa basca del “The Deus Swank Rally”. L’evento che più di tutti ha catalizzato l’attenzione e i cuori dei partecipanti. E’ stato come una tromba da stadio suonata all’interno di una chiesa durante la recita del rosario.

Decine di moto, pubblico da grandi occasioni, un bosco infinito e tonnellate di fango. Questa è stata la ricetta perfetta per l’evento più cool, spaventoso e divertente del W&W 2018. Una delle prove più dure alle quali ho partecipato (ma ormai lo dico ad ogni tappa) che di certo rimarrà scolpita nella mia mente per sempre. Ho percorso l’infinito tracciato per tre volte e, a tutti e tre gli arrivi, l’istinto di baciare la terra dove appoggiavo i piedi è stato fortissimo. Un incubo. Mi sono sentito un eroe.

El Rollo, occasione per far debuttare la mia nuova/vintage Beta 250 preparata dalle sapienti mani di OMT Garage è stato a lungo a rischio cancellazione per la stramaledettissima pioggia per poi regalarci una giornata di gare inaspettata. Meno piloti rispetto all’anno scorso ma il calore spagnolo merita il viaggio.

Ritornato in terra italiana è stato il momento di cimentarsi nella seconda tappa dell’Over the Top. Ormai l’evento sta prendendo forza e struttura, ci si diverte un sacco e, nonostante l’agonismo, nel paddock si respira sempre aria di festa. Per me è coinciso con il primo serio infortunio, distorsione al ginocchio sinistro, che però non mi farà saltare l’ultima tappa del 7 ottobre.

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Per concludere arriviamo a Glemseck 101 2018. Riesco a strappare un invito all’International Boxer Sprint grazie all’intercessione di Jörg e Steven che appena vista la moto finita se ne innamorano. Con Gabriele Cerri di Toys Garage, i realizzatori delle nuove forme della R1200S, partiamo alla volta di Leonberg e una pioggia battente ci accompagnerà per le sette ore di viaggio successive. Arriviamo a pezzi e cercando di non affrontare il discorso sul meteo che ci aspetta domenica, giorno della nostra gara.

Al nostro risveglio il sabato si preannuncia decisamente bello e il sole accompagnerà lo svolgimento di tutte le gare cuocendoci come due spiedini e, a fine giornata, complice l’attesa e la tensione per il giorno seguente, abbiamo la sensazione di aver fatto un trasloco tanta è la stanchezza accumulata. Ceniamo e filiamo a letto perdendoci i festeggiamenti di chi ha già gareggiato. La sveglia suona presto, il cielo è grigio e appena ci presentiamo a fare colazione inizia a piovere. Già me la facevo sotto in condizioni di asciutto…figuriamoci adesso.

Ci presentiamo al circuito e anche lì regna l’incertezza, se non si ferma la pioggia e l’asfalto rimane umido la corsa è cancellata. Il morale sta perforando la crosta terrestre e il dispiacere di non confrontarci con gli altri piloti e non poter mostrare la nostra creatura al mondo si scontra con la sensazione di panico che ormai si è impadronita di ogni millimetro del mio corpo. Se decidono di correre con la pista umida sono spacciato.

Ma dopo qualche ora di attesa ecco l’imponderabile, si ferma la pioggia e la pista inizia ad asciugare con l’aiuto di …..un soffiatore per foglie…… Siamo pronti, breve briefing e mi capita il numero 2, sono il primo a partire. Obbligatorio il burnout! Non l’ho mai fatto! Breve spiegazione e la mia gomma posteriore sparisce nella nebbia della gomma combusta. Primo sparo di prova, la mia BMW si intraversa, impenna e punta verso le balle di paglia, sono tremendamente secondo. Grazie al cielo la gara è nello sparo successivo. La bandiera si abbassa, scatto, meglio il mio avversario, recupero, la Nine T ha un’incertezza e taglio per primo il traguardo. Convinto di andare a perdere anche questa volta chiedo a Gabriele e mi conferma la vittoria del primo duello, non ci credo…adesso che ci penso non ricordo di aver vinto mai nulla. Mi sembra il giorno di Natale, sono già felice così. Ma la gara non ha soste e sono già pronto per la seconda sfida. Ormai sono il drago del burnout….infatti affumico tutta la pit lane…Bandiera e mi lancio lungo la striscia d’asfalto e senza una spiegazione logica scatto primo, scarico tutte le marce che ho nel cambio(Grazie Davide di Moto Service Lodi per la messa a punto meccanica!!) e taglio il traguardo. Incredibile, sono in finale. Ci guardiamo increduli. Potrebbe atterrare un u.f.o. e per noi sarebbe semplicemente normale. La finale, aimè, decreterà un vincitore che non sono io, ma chi se ne frega. Mi piazzo secondo alla Boxer Sprint 2018 battagliando contro delle bellissime Nine T con una R 1200 S del 2006. E chi se lo scorda un giorno così.

TheDSR Legends_Deus alza l’asticella

Quando pensi che il peggio sia passato, arriva una nuova manche del DEUS SWANK RALLY.

Chi, come me, pensava che superata la data di apertura della stagione, disputata sulla neve e sul ghiaccio di Alagna, il proseguo del campionato fosse tutto in discesa si è sbagliato di grosso.L’unica discesa era quella prima dell’arrivo e per tutto il tracciato sono stato impegnato a non far schizzare il cuore fuori dalla gola, dove si era incastrato.

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L’occasione era imperdibile, correre a fianco dei campioni che hanno tappezzato la mia cameretta di adolescente. I piloti che per tutti gli anni anni ’80 hanno fatto sognare milioni di quattordicenni in sella alle Cagiva Aletta Rossa, Aprilia Tuareg, Yamaha DT, Gilera Arizona Rally e Honda Parigi-Dakar. Io avevo una Vespa PK ereditata da mio cugino e credo sia questa formazione di base  che mi ostacola nel godere appieno delle meraviglie del fuoristrada……Poco importa. Mi presento sul tracciato di prima mattina e, poco dopo, vengo raggiunto dai miei compagni d’avventura, Adelio Lorenzin e Samy Panseri, ormai miei punti di riferimento per le avventure offroad.

Se il primo è un campione di simpatia e di tecnica il secondo è esattamente come lo vedete in foto. Inconsapevole del significato “incolumità”, dategli una moto qualsiasi e lui cercherà di vincere, ad ogni costo. Cuordileone. E nel mio estenuante tentativo di apprendere le sacre leggi della guida offroad, ogni volta che mi superano, cerco di imitare un qualsiasi dettaglio che mi aiuti a sopravvivere.Adelio ci porta a fare il giro della pista a piedi per  studiare le traiettorie migliori e …..imbocchiamo la pista dalla parte opposta. Non ci abbattiamo, fino a quando non vedo il primo tratto del circuito. Pronti via, dopo l’arco gonfiabile di Yamaha si deve solo sfiorare un abete, affrontare un paio di rocce e lanciarsi in un sentiero, con a lato una staccionata di legno, ricoperto di detriti di ogni genere. Fortunatamente dopo migliora…..Un toboga tra abeti, radici, tronchi tagliati e fango ricoperto di foglie.Seguo in silenzio Adelio e Samy che discutono delle traiettorie migliori mentre con lo sguardo cerco una qualsiasi radura dove, nell’eventualità, possa atterrare un elicottero per soccorrermi….ed è tempo delle prove libere.Sono pronto….non è assolutamente vero, se non ci fosse Adelio a spronarmi starei seduto nel retro del furgone. Colleziono tre giri liberi dove, incredibilmente, ne esco vivo. Quando parte la gara riesco a strappare la promessa di Filippo Bassoli a lasciarmi un po’ di vantaggio su quelli che partiranno dopo di me e …. 4.45.96 è il tempo che strappo, gli unici dietro di me saranno una vespa scramblerizzata e due o tre moto che si sono fermate causa problemi di carburazione. Per la cronaca ha vinto Adelio in 2.50.

Lo Swank Rally sta alzando l’asticella? Si, ma è l’unico evento che ti insegna che i limiti sono solo nella tua testa e ti aiuta a superarli.

Lunga vita a The Deus Swank Rally, ci vediamo a Biarritz.

Le foto nell’articolo sono di Marco Renieri.

 

The Deus Swank Rally – Gran Finale

E alla fine ci siamo. Dopo annunci, colpi di scena e suspense Filippo Bassoli, con i ragazzi di Deus, estrae l’ennesimo asso dalla manica e ,con la sua personalissima macchina del tempo, ci catapulta ad Arsago Seprio, il tempio del Fastcross. Sto esagerando in preda ad un delirio motocrossistico? No.

Nel 2000, anno dell’ultima gara disputata in questo circuito, Jeremy McGrath, campione AMA Supercross, la descrisse come “La Gara più bella del Mondo” con una partecipazione di pubblico mai vista, neanche in America.

Atterando con la mia capsula del tempo, che ha la forma di un Ford Custom, il panorama che mi si presenta di fronte ricorda di più il sequel di Jurassic Park che una qualsiasi pista da motocross. Parcheggio in un prato in stato di abbandono e da un cancello scendo verso uno spiazzo d’erba dove si aggira un gruppo di persone vestite come i Ris di Parma sulla scena di un delitto. A guardarsi intorno di delitto si tratta, i 17 anni di totale abbandono hanno permesso alla vegetazione di impadronirsi di ogni cosa e quello che non ha fatto la natura si sono impegnati a farlo i vandali che hanno devastato le poche strutture presenti.

Mi avvicino ai “Ris” che altro non sono Filippo Bassoli e il braccio operativo di Deus, sono tutti intorno ai 17 cancelletti di partenza  che il 17 settembre, a 17 anni esatti dall’ultima gara che si è disputata sul tracciato, scatteranno per  far sognare decine di appassionati in sella alle loro moto (enduro,cross e inappropriate) pre 2000. Le facce non sono quelle mi aspetto, siamo a cinque giorni dalla gara e, nonostante il panorama che ci circonda, sfoderano dei sorrisi come bimbi alla loro prima visita a Gardaland. Dai cespugli emerge un guerriero che non sfigurerebbe in un film di Mad Max, armato di motosega e decespugliatore Ottavio Missoni cerca le tracce di una pista che pare impossible da ritrovare. Altri si affannano a riverniciare l’edificio della direzione gara completamente devastato dalla noia e dall’ignoranza di chi preferisce distruggere che sognare. Cerco di dare una mano raccogliendo le tabelle con i nomi e i numeri di gara dei campioni che hanno animato per l’ultima volta il tracciato e il pensiero che da lì a pochi giorni si debba disputare l’ultima gara dello Swank Rally mi pare tutt’altro che scontata.

Nel frattempo Filippo e Luca Viglio si confrontano su come disegnare il fettucciato che ci traghetterà nella parte di tracciato riaperto a colpi di machete e io ne approfitto per fare un giro di ispezione per sapere in anteprima quello che mi toccherà affrontare. Ottavio e Marco Renieri mi fanno da ciceroni e appena imbocchiamo la boscaglia il mio cuore si ferma. Finito il giro il pensiero corre al mio avvocato e all’impellenza di stendere le mie ultime volontà anche dettate dal fatto che per la gara il meteo promette pioggia.

Arriva il sabato pre gara e con il mio amico Ale di 100FA ne approfittiamo per un’ispezione approfondita del tracciato. Carichiamo le moto sul furgone direzione Arsago Seprio e raggiungiamo la pista.

La bacchetta magica di Deus ha colpito ancora, il tracciato è pronto. La fettuccia è stesa, la boscaglia è stata regolata e, guardando il mio compagno di viaggio, capisco che l’occasione non ce la possiamo fare scappare. Come un sol uomo scarichiamo le moto e ci attrezziamo per il giro di prova.

Neanche il tempo di raggiungere il piazzale e vedo avanzare Giulietta di Half magazine con una vistosa fasciatura al polso. Non ho il coraggio di chiedere niente ma qualcuno lo fa, lussazione del pollice. Sto per svenire ma tengo duro. Il pensiero corre a quattro giorni prima quando Ottavio e Marco mi mostrano il circuito. Fettucciato, boscaglia con salitona, breve tratto pianeggiante, curva a sinistra, panettone, piccola salita e…..l’abisso.

Una discesa, che a me pare impossibile da affrontare, finisce in una stretta curva a destra che ti proietta in un’altrettanto inaffrontabile salita. Poi il buio, l’adrenalina non mi permette di ricordare nulla, solo un toboga di polvere e sassi che, nel migliore delle ipotesi, si trasformerà in una trappola di fango.

Partiamo con circospezione, supero il fettucciato con fatica, imbocchiamo il bosco e ho già il cuore in gola, faccio la salita in prima, sono salvo, curvo a sinistra altra salita e mi affianco ad Ale. E’ fermo con lo sguardo fisso verso il basso, mi volto e mi sembra di essere in cima ad un trampolino del salto in lungo con gli sci. Mi giro di nuovo, Ale scuote leggermente la testa e si lancia nel vuoto, lo seguo e, sempre in prima, affronto la nuova ed infinita salita. Dio è con me, ormai attraverso le pozze e i piccoli panettoni in “velocità” e in pochi secondi siamo all’ultima discesa che affrontiamo in scioltezza. C’e l’ho fatta, a parte quel senso di arsura che si è impadronito della mia bocca. Prima che faccia buio collezioniamo quattro giri e la pista non ha più segreti. Almeno in versione asciutta.

Ha piovuto tutta la notte.

Ma eccoci finalmente al grande giorno, il sole bacia il tracciato che già dalle prime ore del mattino è un brulicare di furgoni e auto con carrello. Sembra la mattina di Natale, tutti sorridono e “scartano” le loro moto. Sono tantissimi, chi dice 50,60,70 o 80 moto, non lo so, l’unica cosa che vedo e che sono allegramente scatenati, pronti a lanciarsi sul tracciato più bello del mondo, anche in versione ridotta. Vedo i mie sogni di gloria sciogliersi come neve al sole e tutto il coraggio, faticosamente conquistato il giorno prima, dileguarsi ad una velocità a me sconosciuta.

Mi volto verso Ale e l’unica cosa che riesco a dire è: “sono spacciato”.

Danno il via alle prove libere, comincia la festa. Io prendo tempo, faccio volare il drone, fumo, chiacchiero con chiunque mentre osservo tutti i piloti che danzano sul circuito con un sorriso talmente grande che nessun casco riesce a contenere. Alla fine mi faccio forza, inforco la mia Beta e mi avvicino al cancelletto di partenza. Matteo Quadrio mi da il via battendo il cinque fraintendendo la mia richiesta di cinque minuti di distanza dalla mia partenza al concorrente dietro di me. In fondo al fettucciato vengo superato, imbocco il bosco e…tutto è diventato un solco. C’è solo fango. Raggiungo il discesone dove un canale di fango, che a me sembra il Grand Canyon, mi risucchia verso il basso. Incredibilmente sono in piedi e, in apnea, concludo il giro, più o meno mettendoci il doppio degli altri. Scendo dalla moto come se avessi fatto la Parigi-Dakar in una sola tappa e mi convinco che questo tracciato per me è forse un po’ troppo “tecnico”. Cambio strategia, l’unica possibilità e aspettare che gli altri si stanchino per poi dare il colpo di grazia sul finale.

Ma si sa, il diavolo fa le pentole ma non i coperchi. Si materializza un signore di discreta stazza che chiama i Carabinieri e la Guardia Forestale. Fine della festa. Ci fanno spegnere le moto. La colpa grave che abbiamo commesso è quella di aver parcheggiato macchine e furgoni nel prato “abbandonato” che però è parte del parco del Ticino. Non c’è nessun cartello che lo indica ma nonostante ciò veniamo scacciati come una carovana di Barbari. Evidentemente preferiscono i Vandali a noi.

I miei sogni di gloria svaniscono sotto lo sguardo attento delle autorità lasciando la vittoria agli imbattibili Tramelli (che si piazzerà primo nel primo campionato Swank Rally), Lorenzin e Ungaro.

Mi consolo con lo splendido regalo di Acerbis e la festa, il martedì successivo, al quartiere generale di Deus.

So che vi state chiedendo perché non mi do per vinto davanti tutte queste difficoltà, ma come disse lo scorpione alla rana “è la mia natura”.

Le ultime righe le dedico a Filippo e a tutta, ma proprio tutta, la famiglia Deus che mi ha regalato il sogno di essere parte di un evento che non ha eguali in tutto il mondo, dove amatori, professionisti e incredibili schiappe, come il sottoscritto, hanno la possibilità di stare fianco a fianco a fare la cosa più bella del mondo, cavalcare una motocicletta. Finché avrò un litro di benzina ci sarò. Grazie ragazzi.

p.s. neanche Guido Meda ha resistito al richiamo del tassello e all’evento più cool dell’anno.

Un gigantesco ringraziamento per le splendide foto a Marco Campelli, Marco Renieri e Francesco Ferrari.

Glemseck 101 _ l’ESSENZA della Felicità

Finalmente eccomi qua. La promessa è mantenuta. Un anno fa, seduto sugli spalti del Glemseck 101, mi ero ripromesso che un giorno quella striscia d’asfalto l’avrei affrontata anche io. E ancora non riesco a crederci. Sono qui con la mia Buell, rattoppata all’ultimo minuto dal mio insostituibile meccanico Davide di Moto Service (segnatevi nome e indirizzo, lo trovate a Livraga provincia di Lodi) che, insieme ai ragazzi di Toysgarage, ha permesso di esaudire tutti i miei sogni agonistici, dal Rollo del Wheels and Waves alla sprint race di ESSENZA.

A fine luglio, durante il cambio gomme, per cercare di risollevare le mie prestazioni sullo sprint, Davide si è accorto che il cerchio Kineo posteriore si reggeva su un solo cuscinetto, l’altro era completamente disintegrato. Troppo tardi per riprogettare e costruire il pezzo e troppo tardi perché Kineo, contattata da Davide, ci producesse un nuovo cerchio per la Buell. Grazie al cielo avevo tenuto i cerchi originali e, lottando con il tempo e le ferie di agosto, l’inarrestabile Davide ha riassemblato tutto.

Ed ora sono qui, dall’altra parte della transenna. Ancora frastornato dall’emozione incrocio lo sguardo di un volto familiare che scruta  incuriosito la mia espressione ebete, è Freddy “fast” Spencer. Accenna un sorriso e, mentre vorrei chiedergli di tatuarmi il suo autografo sul braccio, alle sue spalle compare Kevin Schwanz. Forse sono morto. Rivedo la mia prima moto, una Honda NS125F con i colori Rothmans alla quale avevo appiccicato un adesivo Pepsi autoprodotto, quando alle mie spalle Skizzo di Emporio Elaborazioni Meccaniche mi riporta alla realtà chiedendomi la pressione della mia ruota posteriore.

Non riesco a nascondere la mia totale impreparazione e, colto da pietà, mi fa sgonfiare la ruota cercando di spiegarmi i benefici che questo porterà in fase di accelerazione. Mentre acquisto un grammo di fiducia si avvicina Marco di OMT Garage chiedendomi se la Buell tende ad impennarsi. Dico di si e mi chiede la ragione per cui non ho sfilato le forcelle per ovviare al problema….ok, sono spacciato. Quando mi chiedono se ho davvero intenzione di correre con i pantaloni di cotone già non li ascolto più perché compare tra la folla il cappellino dell’estrazione del numero di gara. 

L’importante per me sarebbe passare almeno il primo turno, dopo la batosta di Monthlery ricevuta da parte di quel “diavolo” di Amelie Mooseder. Estraggo il numero, la portatrice del cappellino/urna mi sorride e dice “you are lucky, number 13”, infatti, dopo pochi minuti, compare davanti alla mia moto Amelie, mi sorride, apre la mano e mi mostra il suo numero, il 14. Ripenso alla pressione dei pneumatici, alle forcelle sfilate, alla quantità di benzina nella moto, alla parzializzazione del gas in partenza…..e quasi mi rilasso nel sapere che finirà tutto al primo giro.

Purtroppo la mia fase zen si interrompe nel momento in cui Jörg (non smetterò mai di ringraziarti per avermi invitato) annuncia il mio nome. L’ultimo barlume di lucidità lo uso per accendere le gopro montate sulla moto e dopo non vedo altro che la bandiera a scacchi dello start. Mi volto un secondo verso il mio avversario, lei si porta indice e medio verso gli occhi e poi rivolge le sue dita verso di me. La mia salivazione si arresta di colpo. 

Salgono i giri dei motori e scende la bandiera risucchiata dalle scie delle nostre moto e vedo involarsi la BMW di Amelie, indisturbata, verso il traguardo. Ma era solo il giro di prova. Torniamo al traguardo, il pubblico e i fotografi sono tutti per Amelie (d’altronde la sua bellezza è pari alla sua velocità), so già come andrà a finire ma ce la metto tutta lo stesso. Bandiera, boato e, come da copione, inseguo il mio aguzzino che si invola al traguardo. Giriamo le moto, ci salutiamo e seguo il mio avversario verso l’uscita dove, inspiegabilmente, veniamo fermati. E’ tutto da rifare, Amelie ha commesso jump start. Per una frazione di secondo ha preceduto il segnale del via. Come Bill Murray nel film “ricomincio da capo” mi allineo sulla griglia di partenza sapendo esattamente cosa mi aspetta e la mia previsione si avvera. Bandiera, boato e “l’angelo sterminatore” di Buell taglia il traguardo per primo.

Ci salutiamo per la terza volta e mentre penso a Pierre de Coubertin , probabilmente per un inizio di disidratazione, mi sembra di vederlo in mezzo alla pista che mi fa cenno di fermarmi. Invece è Jörg che ci blocca proprio davanti alle tribune e ci fa scendere dalle moto. Amelie, già un pelino nervosa alla partenza, sembra leggermente incavolata e accade l’imponderabile, il verdetto è jump start, eliminata.

A questo punto la decisione spetta a me e Jörg me lo chiede davanti alle tribune gremite. “Vuoi vincere per eliminazione o vuoi dare un’altra possibilità al tuo avversario?”

Non ho dubbi, soprattutto dopo aver incrociato lo sguardo infiammato di Amelie. Corro di nuovo. Sarebbe stata proprio una carognata non darle un’altra chance visto che per la quarta volta in undici minuti, nonostante io riesca a partire primo per una sbandata in partenza di Amelie, a venti metri dal traguardo mi supera come una furia.

Questa volta, nonostante il risultato, il pubblico è tutto per me, mi accontento di questo scampolo di gloria e, a dirla tutta, di un paio di abbracci di Amelie, che sono anche meglio.

Grazie, grazie e ancora grazie a tutto il team di Glemseck 101 per l’incredibile regalo che mi avete fatto. E’ stata un’esperienza che non dimenticherò mai. E’ stato un privilegio correre con voi e spero al più presto di essere di nuovo parte del gruppo. Non mi resta che procurarmi una nuova special. Magari un po più veloce.

Il Botto _ The Deus Swank Rally_Chapter 3

E adesso? Fino a settembre saremo orfani dell’evento più cool che segnerà il 2017.Deus Milano Rules.

Nonostante l’abbondanza di eventi dedicati ai motociclisti  Deus è capace di tirare fuori dal cilindro (mai parola fu più azzeccata) una sorpresa che supera le altre. A dire la verità un’anteprima l’avevo avuta. Un mese prima dell’evento ho ricevuto l’invito a partecipare al tracciamento del percorso di trasferimento tra i due fettucciati teatri delle prove cronometrate.
Come si evince dall’immagine l’anteprima non è stata una passeggiata. La pioggia dei giorni prima del sopralluogo ha reso il viaggio una vera e propria avventura.

Da qui potete capire il sollievo quando ho visto il meteo relativo ai giorni prima, durante e dopo la gara. SOLE.

Per me e il Beta si preannuncia una passeggiata trionfale.

Arriviamo di prima mattina, neanche il tempo di ambientarci e la zona di fronte al tracciato si riempie di motociclette. C’è un po di tutto, ma l’enduro vintage la fa da padrone.

Arriva il consueto momento del briefing, 50 gradi all’ombra, inizio a sognare qualche nuvola. Nulla all’orizzonte. Sono pronto. Scaldo il beta….. Come si può intuire dalle immagini la scelta di scaldare la moto in anticipo non è azzeccatissima. Faccio in tempo a spegnerla tre volte e, finalmente, arriva il mio turno.Parto, evito di mitragliare di terra il commissario e mi involo sul tracciato. La prima parte scivola via senza grossi problemi, il tracciato è veloce. Un tornante a sinistra e …. accidenti, una salita.Lo spirito di conservazione alleggerisce la mano sul gas e per poco non finisco come il pilota in foto. Gli altri piloti arrivano a cannone, lascio strada, e in quel momento mi ritornano in mente le parole che diceva mia Nonna: “Alessandro, ricordati, tutta la strada che fai in salita la ritroverai in discesa”. Sinceramente i detti di mia Nonna hanno sempre lasciato il mio unico neurone pressoché nello stato vegetativo in cui si trova oggi, ma nel momento esatto in cui, faticosamente, raggiungo la vetta tutta la verità di quelle parole me la ritrovo davanti. Un discesone con curva in contropendenza completamente coperto di paglia. Non provo neanche a pensare, sono già lanciato verso l’abisso. Provo a frenare con il posteriore che scodinzola senza ritegno e, non avendo il minimo coraggio di pinzare l’anteriore, faccio una lunga digressione sull’erba fresca.Con fatica sono di nuova a valle, ringrazio il cielo di essere ancora vivo e parcheggio la moto. Con la scusa delle riprese aeree la lascio lì fino al trasferimento.

Faccio un paio di riprese con il drone a mi accorgo subito di un fitto traffico aereo, un altro drone identico al mio mi sfiora e si va a schiantare contro gli alberi. Atterro impacchetto il veivolo e comunico a Filippo che precederò il gruppo verso la seconda prova.

Partiamo, siamo in tre. Dopo un chilometro sono solo. Il Beta scalcia, se non lo si tiene oltre i centomilagiri sembra si ingolfi, e, in una discesa, lo fa. Si ferma, sono solo. Cerco di riaccenderla. Nulla, nel bel mezzo di nulla.

Grazie al cielo arrivano soccorsi e, dopo una bella spinta, il Beta resuscita.

Arriviamo al Monte, il regno di Filippo Bassoli. Un promontorio che si erge nella valle come una gemma fatta a forma di endurodromo.Do fondo a tutte le mie capacità di pilota, di drone, ma, inevitabilmente, arriva il mio turno. Se la pista a Varano mi sembrava difficile questa è impossibile. Oggi il giudice di gara è più accollato e non mi resta altro da fare che puntare lo sguardo sul tracciato. E’ talmente in pendenza che si vede tutto senza alcuno sforzo. E’ l’ora del giro di prova prima di quello cronometrato, lo faccio in piena sicurezza. Quando scatta il cronometro, sono una furia. Mi lancio a tutta forza tra la polvere, il mio avversario è in sella ad una Kawasaki z400 scramblerizzata. Mi viene da ridere, ma mi trattengo.

Il Beta è imbizzarrito, mi risuonano in testa tutti i consigli che ho cercato di inocularmi nelle vene, mi lancio nelle curve sfruttando gli “appoggi” anche se non ho idea di cosa siano. E, alla fine, lo capisco di colpo. Mi appoggio talmente tanto che in una curva la moto si ferma di colpo e mi proietta oltre il terrapieno. Che BOTTO! Atterro sulla spalla destra, sono convinto di essermi rotto la clavicola. Mi rialzo in fretta e cerco di raccogliere la moto ancora accesa. La alzo e si spegne. La riaccendo, riparto e alla curva, dove si aggira un albero, rimango in piedi per miracolo. Arrivo al panettone, non so più chi sono, cerco di saltarlo e atterro come un ferro da stiro. Povero Beta. Arrivo a gattoni mentre, borbottando, mi sorpassa il Kawa. Con il morale negli abissi più profondi mi accingo a percorrere la tappa di trasferimento verso Varano. Non è il percorso fatto all’andata, è un’altro tracciato di circa 30 chilometri, asfalto e sterrato che misurerò più volte sdraiandomi con l’incolpevole Beta. Arrivo a Varano. Vorrei baciare la terra. Parcheggio la moto e dico addio a qualsiasi velleità di cronometro per la terza e ultima prova di fettucciato.

Sono distrutto. Mentre cerco di riavermi compaiono i fratelli Vegetti. “possiamo provare il Beta?” “Certamente”…..Il Beta scarica tutta la sua potenza sulla terra e nel giro di un paio di muniti vedo ricomparire Vittorio, jeans, camicia e Sebago in una nuvola di polvere e, vi sembrerà impossibile, il Beta, impennando, sorride.

Grazie a Marco Campelli e Marco Renieri per le splendide immagini.

Snow Quake – Un giovedì di un giorno da cani

Finalmente. Era un anno che aspettavo. Saltata la prima edizione, causa febbre, questa non me la sarei persa per nulla al mondo. La data del 19 gennaio è da settimane che ha una croce rossa sulla casella. Alzataccia al mattino per non perdermi nulla, alle 6.00 il mio amico Gabriele è in strada che mi aspetta. prendo la borsa con il cambio “neve” e sono pronto. Mi hanno raccontato di temperature incredibilmente rigide ma si sa, i motociclisti sono come i pescatori.

Che FREDDO! Arriviamo per primi, nel piazzale sotto il circuito c’è una Alpine A110 coperta di ghiaccio e, tempo di scendere dal furgone, ci ritroviamo circondati da scoppiettanti motociclette. 

Nota comune a tutte la difficoltà di accensione per il troppo freddo. Il sensore del furgone segna -9°, temporeggio e decido di spogliarmi dei panni cittadini per indossare la tenuta da sci che, grazie a Dio, mi sono portato dietro. Lascio solo i guanti pesanti, impossibile usarli per scattare con la mia nuova Hasselblad 1DX e per pilotare il DJI Mavic pro e opto per dei guanti touch che purtroppo si rileveranno un tantino leggeri.

Per macchina fotografica e drone è il primo test sul campo ed è la peggiore situazione che potevo immaginare. La macchina mi è stata consegnata il giorno prima e mentre tento di settarla inizio ad avere segnali dalle estremità delle mie dita. Nel giro di una mezz’ora perdo la sensibilità di entrambi gli indici. Il cambio delle ottiche si dimostra un’impresa difficile e dopo solo 3 ore di utilizzo la prima batteria è quasi a terra. Non ci sono problemi ne ho un’altra. La cambio e non da segni di vita. Difettosa. Non male per una macchina da 10.000 euro….. Mi consolo con un buon bicchiere di vino bollente che mi offre Gabriele.

Faccio un giro tra le moto e cerco di capire quale zona posso sfruttare per il decollo del mio Mavic pro mentre l’Alpine A110 si scatena sul tracciatoOrmai ho perso la sensibilità alle dita e, visto che tutto succederà dopo pranzo mi rifugio nel furgone per scaldarmi e ricaricare le batterie. Dopo un’ora mi decido ad uscire e fortunatamente incontro Marco Troiano di OMT Garage che provando pietà di me mi regala una bustina scaldamani e mi salva le falangi. Gliene sarò per sempre grato.

E’ ora della gara, estraggo il mio Mavic e mi piazzo sul tracciato stando ben attento a tenermelo abbastanza vicino visto che con questo freddo è un continuo segnale di allerta batterie.

L’allegra armata Brancaleone inizia sfidarsi sull’infida pista di ghiaccio ma a parte un paio di cadute non si registrano grossi danni e, nonostante l’intricata spiegazione sulle eliminazioni e le successive manche, tutto sembra svolgersi molto velocemente, grazie al cielo.La finale è senza esclusioni di colpi ma nulla possono fare i concorrenti contro un incredibile Giovanni Bussei che sembra voli sul ghiaccio con un grip da orso bianco. Congelato ma soddisfatto mi perdo anche la premiazione, che vedo da lontano, optando per il secondo bicchiere di Vin Brulè. Freddo a parte è stata una bellissima giornata tra amici ed ha sbagliato chi non è venuto anche solo a dare un’occhiata.  Me ne vado con la speranza di una terza edizione dove cimentarmi, dopo un corso intensivo alla Di Traverso School di Marco Belli, tra le curve ghiacciate di questo fantastico tracciato. 

Un week end Di Traverso

Da quando ho visto Marco Belli danzare sulle cunette di sabbia dell’ippodromo di San Sebastian non ho pensato ad altro, ci voglio provare anche io.

E finalmente le mie serate spese davanti al monitor mi hanno regalato una data, non ancora sold out, per una giornata in pista con la Di Traverso School.

Tra me e la pista solo un piccolo ostacolo, Renzi e il suo Referendum. Rinuncio, purtroppo sabato i posti sono esauriti e le date dei prossimi appuntamenti non ancora definite. Ma è nei momenti bui che le cose prendono una direzione diversa. E come nel teatro greco un Deus ex machina materializza un amico che due posti li ha. Ed eccomi, alle cinque del mattino, sfrecciare con il suddetto amico verso Misano Adriatico per una giornata che non dimenticherò mai.

La giornata è grigia, ma non ci scoraggia. Arriviamo al circuito e non troviamo l’ingresso, ma neppure questo ci scoraggia. Circumnavighiamo il tracciato dall’esterno e non c’è verso di trovare l’entrata, a questo punto un po’ di scoramento inizia ad insinuarsi nei nostri cuori. Non ci diamo per vinti, imbocchiamo l’unico varco aperto nella recinzione che indica il circuito Kart e finalmente arriviamo.

Per me essere in un tempio della velocità come Misano è già fonte di emozione, figuriamoci quando mi volto e vedo, oltre alle SR400 allineate sotto le tribune della Flat Track Arena, una nutrita compagine di piloti con la loro moto privata. Con la salivazione a zero mi avvio alla registrazione dove vengo accolto dalla famiglia Belli, come un vecchio amico e tutta la tensione si scioglie in una buona tazza di caffè accompagnata da un pezzo di torta.

Espletate le formalità è tempo di vestirsi e di dirigersi verso l’arena. Indosso le protezioni, il completo che mi ha fornito il mio amico Ricoo’ e il mio nuovo casco DMD. Sono con gli stivali sulla pista.

La compagine agguerrita che avevo visto al mio arrivo si rivela un allegra compagnia, sempre agguerritissima ma altrettanto simpatica. Tra questi c’è anche Gianluca Nannelli con due giovani leoni della sua factory e, a guardarli girare, si capisce quanta differenza ci sia tra un amatore, come il sottoscritto, e chi la manetta ce l’ha nel sangue. 

Sotto la regia di Marco Belli affrontiamo esercizi dove il mio equilibrio viene messo a dura prova come quello dei birilli che puntualmente travolgo. Donuts, sgommate, ripartenze, derapate, grazie a Dio ci dividiamo in due turni così da riprendere fiato.

Ne approfitto per fare qualche ripresa con il mio Yuneec Typhoon H sbizzarrendomi in inseguimenti dei piloti, panoramiche e…tutto impegnato a seguire una gimkana non mi accorgo di un gruppo di alberi troppo vicini. Fine delle riprese aeree.Non importa, è tanta l’adrenalina che parcheggio il rottame e sono di nuovo in sella. Le ore passano in un lampo, si pranza e siamo di nuovo in pista, ora ci aspetta qualche giro completo del “fagiolo” e, appena poco prima che la sera ci sorprenda, una serie di giri del circuito completo che, sorpresa, ha una curva “decisamente” a destra…Dopo aver girato sempre e solo concentrato sul far derapare la moto girando a sinistra sono colto di sorpresa e vado dritto. con la coda dell’occhio vedo che per alcuni dei mie compagni la manovra riesce per un pelo ma parecchi finiscono per terra alzando maestosi polveroni.

Ma l’unica cosa che ci ferma è il sopraggiungere delle tenebre, e la mancanza di illuminazione mette la parola fine ad una giornata che avrei voluto durasse per sempre.

Grazie Marco per la gentilezza e la pazienza che hai con tutti e per essere l’ambasciatore di una disciplina che mi ha fatto ritornare bambino in sella alla Saltafoss oro e nera, esattamente come la yamaha sr400 che nella foto sopra Alessandro sta  guidando magistralmente. Ci rivedremo presto.

Lasciatemi dedicare le ultime righe ad un mio amico che, due giorni prima di questa indimenticabile giornata, se ne è andato sopraffatto da un male contro il quale ha lottato per un anno intero. Questa giornata la dedico a lui che,insieme a pochi altri, nonostante mi si scorgesse poco in mezzo alla polvere della vita,  mi ha dato una possibilità. Nel pur poco tempo passato insieme hai lasciato un impronta indelebile nella mia anima. Ciao Mauro.

Wheels & Waves 2016, il film

Dopo lunga gestazione, causa inaspettati impegni di lavoro, ecco finalmente il mio album di ricordi dalla splendida città di Biarritz. Capita sempre così, si torna carichi di critiche ma alla fine ti manca……buona visione.

El Rollo

Un minuto per ricordare una bellissima manifestazione organizzata dai Soutsiders MC per il Wheels & Waves 2016 nella splendida cornice dell’Hipodromo di San Sebastian Lastre Oria. Sole, amici, benzina e la Spagna. Chissà se un giorno non ci sarà una versione W&W tutta spagnola…….

Tuning e Special

Se la moto è la rappresentazione del mezzo di locomozione perfetto, almeno per me, le special rappresentano, nella loro spesso totale imperfezione, il sacro Graal. L’unica cosa che mi spinge a fare follie oltre ogni comprensibile logica è il tentativo di costruire qualcosa di veramente unico e inimitabile. Costruire….certo per me è un parolone, più che altro sono abilissimo a smontare, ma anche a sognare. La cosa più difficile è trovare qualcuno abile con le mani che sposi e condivida con te il progetto che vuoi sviluppare. Così è stato per la mia prima moto, costruita dai ragazzi di Toysgarage, forgiata dalle mani di Andrea, che sembra inizino a modellare il metallo ancor prima che il cervello impartisca loro l’ordine e il disegno da seguire. Un talento naturale. Ad oggi ineguagliabile .Ho provato nuove strade con il secondo progetto, rapito dai disegni di Holographic Hammer e folgorato dal Wheels & Waves mi sono messo alla ricerca di una Buell XB. Una volta trovata è partito il progetto che mi è costato più a livello psicologico che economico, e questo la dice tutta  sulla cialtroneria dimostrata dai vari “meccanici” ai quali mi sono rivolto.The Liar @ FuorizonaIl risultato non è esattamente quello che volevo, sicuramente migliorabile, a qualcuno non piace affatto, ma indiscutibilmente è un pezzo unico. A mio avviso è anche bella, ma si sa, ogni scarrafone è bello a mamma sua…

Se per me la moto è una malattia, le special sono una droga e, come ogni droga, l’assuefazione ti spinge ad osare sempre di più tanto da non farti bastare piccole modifiche a telaio ed accessori ma a creare, se possibile, un ulteriore classificazione tra special e “semplice” tuning. Non voglio rifarmi alle parole di Roberto Ungaro che, qualche anno fa, da direttore di Raiders decretava la fine delle special su base BMW 2 valvole incitando i possessori ad un recupero in chiave registro storico piuttosto che la creazione di decine di noiosi special cloni. Lui non è più direttore di Raiders e la moda, da lui importata in Italia, non da segni di flessione. Ma ripensando a quelle parole, che allora mi erano suonate come un tradimento, le rivedo sotto un altra luce e quasi le condivido. In fondo tutto il tuning che c’è in giro tende ad omologarsi e quindi se devi farti una special, che sia special. tumblr_nr9o7uFo6e1r8wdnso1_1280 AnBu_XS650_Full_Cowl_Moto-Mucci r-nine-t-hide-motorcycle Virage8_Praem-SP3_01 bmw-s1000rr-praem-2016-8 rsd-wasp_30

Suzuki GSX1100 Cafe Racer Ed Turner
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