ESSENZA COMPETITION Monthlery e San Michele Arcangelo

Incontro Jörg a Monza mentre sono in attesa di partecipare al Deus Swank Rally, nella cornice dell’evento organizzato da The Reunion.

Mentre sono allo stand di Ricoòstyle, marchio con il quale sto collaborando per la creazione di abbigliamento tecnico per il flattrack, si ferma davanti alla Buell ed inizia a guardarla con attenzione. Io so benissimo chi è lui, a settembre l’ho visto al Glemseck 101.

Glemseck2016 (http://impossiblegarage.com/blog/2016/09/11/glemseck-101-2016-_-raduno-spettinato/)

Jörg invita me e la mia Buell alla Essenza Competition, non credo alle mie orecchie. The Liar, tanto bistrattata in patria, ha trovato un estimatore europeo, e che estimatore. Quello che avevo dichiarato nel mio articolo di settembre si compie. Sarò sul tracciato di Glemseck. Ma, per poterci essere, devo andare prima a Parigi sul tracciato di Monthlery. Ad appena tre giorni dal Wheels and Waves dove mi aspettano altre due gare.

Il mio cuore ha già deciso, la mente ci mette una settimana

Poco più di 800 km in un fiato e siamo in albergo, dall’emozione dormo poco. Il mattino dopo siamo al circuito in una lunga colonna di furgoni e moto. Dal finestrino arrivano rombi di motori di ogni genere e combatto tra ansia e gioia.

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Finalmente entriamo, un sottopasso sotto il rettilineo dei box e siamo dentro. Parcheggio e porto la moto allo stand ESSENZA.

Jörg e il suo staff accolgono me e Raffaella, mia moglie, e ci danno tutte le indicazioni su quello che, più o meno, accadrà. Unica cosa certa la partenza della gara, il giorno seguente alle 13.45. L’organizzatore del festival non ci da la possibilità di girare sul circuito insieme alle altre caferacer, quindi sarà una lunga attesa. Giriamo tra gli stand sotto un sole implacabile.

Raggiungiamo gli alberi in attesa dell’avvenimento della giornata, l’ottavo di miglio dei Sultans of Sprint che ci godremo nell’ombra degli spalti proprio davanti al rettilineo dei box. Sono talmente concentrato sui movimenti dei piloti che non mi accorgo che la gara finisce e chi vince.

per distrarmi facciamo un salto a Versailles.

Finalmente giunge il grande giorno. Arriviamo prestissimo e c’è solo una tenda chiusa ad aspettarci. Le cinque ore che ci separano dalla gara sembrano un’eternità. Arrivano alla spicciolata gli altri concorrenti e inizio ad accorgermi di una nutrita compagine femminile che si aggira tra le moto. In puro stile maschilista penso subito alle “ombrelline” inviate da qualche sponsor fino a quando non le vedo nell’area riservata alle foto dei piloti con tuta e casco in mano.

Mi volto e vedo agitazione dove sono esposte le moto, un assembramento di uomini dai larghi sorrisi sono impegnati a fare raffiche di fotografie in direzione di un….angelo.

Raggiungo il gruppo, impugno il telefono e, con un enorme sorriso stampato sulla faccia, inizio a scattare fotografie, inconsapevole che da qui a poche ore si trasformerà nel mio personale San Michele Arcangelo.

Bella come un angelo con in mano un’arma micidiale a forma di BMW R 1200 R, e, visto che la fortuna aiuta gli audaci, sarà il pilota che dovrò affrontare nella sfida one to one.

Sono spacciato, ma almeno me ne andrò in bellezza!

Arriva il momento della gara, ci ordinano di non perderci d’occhio con il diretto sfidante, sai che fatica….Raggiungo il tracciato con una piccola folla attorno, mi salutano tutti, sconosciuti, persone che conosco e non mi salutano mai, gran pacche sulla spalla e mi accorgo presto che è solo per luce riflessa. Amelie, questo è il nome dell’angelo “sterminatore”, ha polarizzato tutta l’attenzione del paddock .

Ancora un paio di sguardi d’intesa e siamo sulla linea di partenza per lo sprint di prova. Come di consueto mi sparisce la saliva dalla bocca, ci sono 30 gradi ma nel giubbotto di pelle inizio a sentire un gran freddo. Si alza la bandiera gialla e in una frazione di secondo sono proiettato sul rettilineo, la Buell si impenna, anche in seconda e mi vedo sfilare a sinistra dal mio avversario. Poco male, non di molto, per la gara sarà tutta un altra storia.

Appunto è tutta un’altra storia. Al rientro nei box vedo Amelie venire verso di me con fare preoccupato. Cerco di pensare velocemente se ho fatto qualcosa di sconveniente….mi sembra di no, al massimo qualche occhiata di troppo. Grazie a Dio indica le scarpe di mia moglie, le chiede di fare scambio perché con gli stivali non sente bene il cambio e, sfortunatamente, le vanno.

Siamo sulla linea di partenza per lo sprint che conta io, Amelie e le scarpe di Raffaella. I bicilindrici iniziano ad urlare, mi volto e vedo il mio avversario caricare sui polsi tutto il peso del corpo, la bandiera si abbassa e mentre io cerco di inserire la seconda tenendo la ruota anteriore a terra Amelie è già al traguardo. Mi ha polverizzato, ma sono ancora vivo. La raggiungo all’ingresso dei box, lei si volta e sorride e io imbocco l’uscita del circuito verso lo stand Essenza come se avessi vinto la 24 ore di Le Mans.

Alla fine Vincerà Katja Poensgen in sella alla Miracle Mike, Indian preparata dai Young Guns. Non mi resta che contare i giorni che mi separano dal Glemsek 101 per la mia rivincita. Grazie ESSENZA.

Il Botto _ The Deus Swank Rally_Chapter 3

E adesso? Fino a settembre saremo orfani dell’evento più cool che segnerà il 2017.Deus Milano Rules.

Nonostante l’abbondanza di eventi dedicati ai motociclisti  Deus è capace di tirare fuori dal cilindro (mai parola fu più azzeccata) una sorpresa che supera le altre. A dire la verità un’anteprima l’avevo avuta. Un mese prima dell’evento ho ricevuto l’invito a partecipare al tracciamento del percorso di trasferimento tra i due fettucciati teatri delle prove cronometrate.
Come si evince dall’immagine l’anteprima non è stata una passeggiata. La pioggia dei giorni prima del sopralluogo ha reso il viaggio una vera e propria avventura.

Da qui potete capire il sollievo quando ho visto il meteo relativo ai giorni prima, durante e dopo la gara. SOLE.

Per me e il Beta si preannuncia una passeggiata trionfale.

Arriviamo di prima mattina, neanche il tempo di ambientarci e la zona di fronte al tracciato si riempie di motociclette. C’è un po di tutto, ma l’enduro vintage la fa da padrone.

Arriva il consueto momento del briefing, 50 gradi all’ombra, inizio a sognare qualche nuvola. Nulla all’orizzonte. Sono pronto. Scaldo il beta….. Come si può intuire dalle immagini la scelta di scaldare la moto in anticipo non è azzeccatissima. Faccio in tempo a spegnerla tre volte e, finalmente, arriva il mio turno.Parto, evito di mitragliare di terra il commissario e mi involo sul tracciato. La prima parte scivola via senza grossi problemi, il tracciato è veloce. Un tornante a sinistra e …. accidenti, una salita.Lo spirito di conservazione alleggerisce la mano sul gas e per poco non finisco come il pilota in foto. Gli altri piloti arrivano a cannone, lascio strada, e in quel momento mi ritornano in mente le parole che diceva mia Nonna: “Alessandro, ricordati, tutta la strada che fai in salita la ritroverai in discesa”. Sinceramente i detti di mia Nonna hanno sempre lasciato il mio unico neurone pressoché nello stato vegetativo in cui si trova oggi, ma nel momento esatto in cui, faticosamente, raggiungo la vetta tutta la verità di quelle parole me la ritrovo davanti. Un discesone con curva in contropendenza completamente coperto di paglia. Non provo neanche a pensare, sono già lanciato verso l’abisso. Provo a frenare con il posteriore che scodinzola senza ritegno e, non avendo il minimo coraggio di pinzare l’anteriore, faccio una lunga digressione sull’erba fresca.Con fatica sono di nuova a valle, ringrazio il cielo di essere ancora vivo e parcheggio la moto. Con la scusa delle riprese aeree la lascio lì fino al trasferimento.

Faccio un paio di riprese con il drone a mi accorgo subito di un fitto traffico aereo, un altro drone identico al mio mi sfiora e si va a schiantare contro gli alberi. Atterro impacchetto il veivolo e comunico a Filippo che precederò il gruppo verso la seconda prova.

Partiamo, siamo in tre. Dopo un chilometro sono solo. Il Beta scalcia, se non lo si tiene oltre i centomilagiri sembra si ingolfi, e, in una discesa, lo fa. Si ferma, sono solo. Cerco di riaccenderla. Nulla, nel bel mezzo di nulla.

Grazie al cielo arrivano soccorsi e, dopo una bella spinta, il Beta resuscita.

Arriviamo al Monte, il regno di Filippo Bassoli. Un promontorio che si erge nella valle come una gemma fatta a forma di endurodromo.Do fondo a tutte le mie capacità di pilota, di drone, ma, inevitabilmente, arriva il mio turno. Se la pista a Varano mi sembrava difficile questa è impossibile. Oggi il giudice di gara è più accollato e non mi resta altro da fare che puntare lo sguardo sul tracciato. E’ talmente in pendenza che si vede tutto senza alcuno sforzo. E’ l’ora del giro di prova prima di quello cronometrato, lo faccio in piena sicurezza. Quando scatta il cronometro, sono una furia. Mi lancio a tutta forza tra la polvere, il mio avversario è in sella ad una Kawasaki z400 scramblerizzata. Mi viene da ridere, ma mi trattengo.

Il Beta è imbizzarrito, mi risuonano in testa tutti i consigli che ho cercato di inocularmi nelle vene, mi lancio nelle curve sfruttando gli “appoggi” anche se non ho idea di cosa siano. E, alla fine, lo capisco di colpo. Mi appoggio talmente tanto che in una curva la moto si ferma di colpo e mi proietta oltre il terrapieno. Che BOTTO! Atterro sulla spalla destra, sono convinto di essermi rotto la clavicola. Mi rialzo in fretta e cerco di raccogliere la moto ancora accesa. La alzo e si spegne. La riaccendo, riparto e alla curva, dove si aggira un albero, rimango in piedi per miracolo. Arrivo al panettone, non so più chi sono, cerco di saltarlo e atterro come un ferro da stiro. Povero Beta. Arrivo a gattoni mentre, borbottando, mi sorpassa il Kawa. Con il morale negli abissi più profondi mi accingo a percorrere la tappa di trasferimento verso Varano. Non è il percorso fatto all’andata, è un’altro tracciato di circa 30 chilometri, asfalto e sterrato che misurerò più volte sdraiandomi con l’incolpevole Beta. Arrivo a Varano. Vorrei baciare la terra. Parcheggio la moto e dico addio a qualsiasi velleità di cronometro per la terza e ultima prova di fettucciato.

Sono distrutto. Mentre cerco di riavermi compaiono i fratelli Vegetti. “possiamo provare il Beta?” “Certamente”…..Il Beta scarica tutta la sua potenza sulla terra e nel giro di un paio di muniti vedo ricomparire Vittorio, jeans, camicia e Sebago in una nuvola di polvere e, vi sembrerà impossibile, il Beta, impennando, sorride.

Grazie a Marco Campelli e Marco Renieri per le splendide immagini.