The Deus Swank Rally – Gran Finale

E alla fine ci siamo. Dopo annunci, colpi di scena e suspense Filippo Bassoli, con i ragazzi di Deus, estrae l’ennesimo asso dalla manica e ,con la sua personalissima macchina del tempo, ci catapulta ad Arsago Seprio, il tempio del Fastcross. Sto esagerando in preda ad un delirio motocrossistico? No.

Nel 2000, anno dell’ultima gara disputata in questo circuito, Jeremy McGrath, campione AMA Supercross, la descrisse come “La Gara più bella del Mondo” con una partecipazione di pubblico mai vista, neanche in America.

Atterando con la mia capsula del tempo, che ha la forma di un Ford Custom, il panorama che mi si presenta di fronte ricorda di più il sequel di Jurassic Park che una qualsiasi pista da motocross. Parcheggio in un prato in stato di abbandono e da un cancello scendo verso uno spiazzo d’erba dove si aggira un gruppo di persone vestite come i Ris di Parma sulla scena di un delitto. A guardarsi intorno di delitto si tratta, i 17 anni di totale abbandono hanno permesso alla vegetazione di impadronirsi di ogni cosa e quello che non ha fatto la natura si sono impegnati a farlo i vandali che hanno devastato le poche strutture presenti.

Mi avvicino ai “Ris” che altro non sono Filippo Bassoli e il braccio operativo di Deus, sono tutti intorno ai 17 cancelletti di partenza  che il 17 settembre, a 17 anni esatti dall’ultima gara che si è disputata sul tracciato, scatteranno per  far sognare decine di appassionati in sella alle loro moto (enduro,cross e inappropriate) pre 2000. Le facce non sono quelle mi aspetto, siamo a cinque giorni dalla gara e, nonostante il panorama che ci circonda, sfoderano dei sorrisi come bimbi alla loro prima visita a Gardaland. Dai cespugli emerge un guerriero che non sfigurerebbe in un film di Mad Max, armato di motosega e decespugliatore Ottavio Missoni cerca le tracce di una pista che pare impossible da ritrovare. Altri si affannano a riverniciare l’edificio della direzione gara completamente devastato dalla noia e dall’ignoranza di chi preferisce distruggere che sognare. Cerco di dare una mano raccogliendo le tabelle con i nomi e i numeri di gara dei campioni che hanno animato per l’ultima volta il tracciato e il pensiero che da lì a pochi giorni si debba disputare l’ultima gara dello Swank Rally mi pare tutt’altro che scontata.

Nel frattempo Filippo e Luca Viglio si confrontano su come disegnare il fettucciato che ci traghetterà nella parte di tracciato riaperto a colpi di machete e io ne approfitto per fare un giro di ispezione per sapere in anteprima quello che mi toccherà affrontare. Ottavio e Marco Renieri mi fanno da ciceroni e appena imbocchiamo la boscaglia il mio cuore si ferma. Finito il giro il pensiero corre al mio avvocato e all’impellenza di stendere le mie ultime volontà anche dettate dal fatto che per la gara il meteo promette pioggia.

Arriva il sabato pre gara e con il mio amico Ale di 100FA ne approfittiamo per un’ispezione approfondita del tracciato. Carichiamo le moto sul furgone direzione Arsago Seprio e raggiungiamo la pista.

La bacchetta magica di Deus ha colpito ancora, il tracciato è pronto. La fettuccia è stesa, la boscaglia è stata regolata e, guardando il mio compagno di viaggio, capisco che l’occasione non ce la possiamo fare scappare. Come un sol uomo scarichiamo le moto e ci attrezziamo per il giro di prova.

Neanche il tempo di raggiungere il piazzale e vedo avanzare Giulietta di Half magazine con una vistosa fasciatura al polso. Non ho il coraggio di chiedere niente ma qualcuno lo fa, lussazione del pollice. Sto per svenire ma tengo duro. Il pensiero corre a quattro giorni prima quando Ottavio e Marco mi mostrano il circuito. Fettucciato, boscaglia con salitona, breve tratto pianeggiante, curva a sinistra, panettone, piccola salita e…..l’abisso.

Una discesa, che a me pare impossibile da affrontare, finisce in una stretta curva a destra che ti proietta in un’altrettanto inaffrontabile salita. Poi il buio, l’adrenalina non mi permette di ricordare nulla, solo un toboga di polvere e sassi che, nel migliore delle ipotesi, si trasformerà in una trappola di fango.

Partiamo con circospezione, supero il fettucciato con fatica, imbocchiamo il bosco e ho già il cuore in gola, faccio la salita in prima, sono salvo, curvo a sinistra altra salita e mi affianco ad Ale. E’ fermo con lo sguardo fisso verso il basso, mi volto e mi sembra di essere in cima ad un trampolino del salto in lungo con gli sci. Mi giro di nuovo, Ale scuote leggermente la testa e si lancia nel vuoto, lo seguo e, sempre in prima, affronto la nuova ed infinita salita. Dio è con me, ormai attraverso le pozze e i piccoli panettoni in “velocità” e in pochi secondi siamo all’ultima discesa che affrontiamo in scioltezza. C’e l’ho fatta, a parte quel senso di arsura che si è impadronito della mia bocca. Prima che faccia buio collezioniamo quattro giri e la pista non ha più segreti. Almeno in versione asciutta.

Ha piovuto tutta la notte.

Ma eccoci finalmente al grande giorno, il sole bacia il tracciato che già dalle prime ore del mattino è un brulicare di furgoni e auto con carrello. Sembra la mattina di Natale, tutti sorridono e “scartano” le loro moto. Sono tantissimi, chi dice 50,60,70 o 80 moto, non lo so, l’unica cosa che vedo e che sono allegramente scatenati, pronti a lanciarsi sul tracciato più bello del mondo, anche in versione ridotta. Vedo i mie sogni di gloria sciogliersi come neve al sole e tutto il coraggio, faticosamente conquistato il giorno prima, dileguarsi ad una velocità a me sconosciuta.

Mi volto verso Ale e l’unica cosa che riesco a dire è: “sono spacciato”.

Danno il via alle prove libere, comincia la festa. Io prendo tempo, faccio volare il drone, fumo, chiacchiero con chiunque mentre osservo tutti i piloti che danzano sul circuito con un sorriso talmente grande che nessun casco riesce a contenere. Alla fine mi faccio forza, inforco la mia Beta e mi avvicino al cancelletto di partenza. Matteo Quadrio mi da il via battendo il cinque fraintendendo la mia richiesta di cinque minuti di distanza dalla mia partenza al concorrente dietro di me. In fondo al fettucciato vengo superato, imbocco il bosco e…tutto è diventato un solco. C’è solo fango. Raggiungo il discesone dove un canale di fango, che a me sembra il Grand Canyon, mi risucchia verso il basso. Incredibilmente sono in piedi e, in apnea, concludo il giro, più o meno mettendoci il doppio degli altri. Scendo dalla moto come se avessi fatto la Parigi-Dakar in una sola tappa e mi convinco che questo tracciato per me è forse un po’ troppo “tecnico”. Cambio strategia, l’unica possibilità e aspettare che gli altri si stanchino per poi dare il colpo di grazia sul finale.

Ma si sa, il diavolo fa le pentole ma non i coperchi. Si materializza un signore di discreta stazza che chiama i Carabinieri e la Guardia Forestale. Fine della festa. Ci fanno spegnere le moto. La colpa grave che abbiamo commesso è quella di aver parcheggiato macchine e furgoni nel prato “abbandonato” che però è parte del parco del Ticino. Non c’è nessun cartello che lo indica ma nonostante ciò veniamo scacciati come una carovana di Barbari. Evidentemente preferiscono i Vandali a noi.

I miei sogni di gloria svaniscono sotto lo sguardo attento delle autorità lasciando la vittoria agli imbattibili Tramelli (che si piazzerà primo nel primo campionato Swank Rally), Lorenzin e Ungaro.

Mi consolo con lo splendido regalo di Acerbis e la festa, il martedì successivo, al quartiere generale di Deus.

So che vi state chiedendo perché non mi do per vinto davanti tutte queste difficoltà, ma come disse lo scorpione alla rana “è la mia natura”.

Le ultime righe le dedico a Filippo e a tutta, ma proprio tutta, la famiglia Deus che mi ha regalato il sogno di essere parte di un evento che non ha eguali in tutto il mondo, dove amatori, professionisti e incredibili schiappe, come il sottoscritto, hanno la possibilità di stare fianco a fianco a fare la cosa più bella del mondo, cavalcare una motocicletta. Finché avrò un litro di benzina ci sarò. Grazie ragazzi.

p.s. neanche Guido Meda ha resistito al richiamo del tassello e all’evento più cool dell’anno.

Un gigantesco ringraziamento per le splendide foto a Marco Campelli, Marco Renieri e Francesco Ferrari.

Crescéndo_Deus Swank Rally_Autodromo di Monza_ chapter 2

crescèndo ger. (di crescere) e s. m., invar. – 1. Didascalia musicale che indica il graduale aumento d’intensità dall’uno all’altro suono di un passo musicale, abbreviata spesso in cresc. o ridotta allo speciale segno. 2. fig. Aumento progressivo d’intensità: un c. d’applausi, di urla, di fischi; la gara si svolse con un c. entusiasmante. (Treccani)

L’articolo potrebbe finire con la semplice pubblicazione delle foto realizzate da Marco Campelli, Marco Renieri, Francesco Ferrari e dal mio fido drone DJI Mavic come chiosa alla definizione data alla parola Crescéndo dalla Treccani.

Questa è la sensazione che ti rimane a quattro giorni dall’ennesimo entusiasmante evento di Deus Italia. Credo nessuno mai sia riuscito ad organizzare una gara di enduro all’interno del parco dell’autodromo di Monza, con arrivo sulla parabolica.

No ragazzi, non l’ha fatto mai nessuno.

Guardate bene le foto. Nella terza, in sella ad un Beta 250 regolarità del 1977, il pilota, sotto il casco rosso, ha un sorriso che gli va da un’orecchio all’altro. Come faccio a saperlo? Sono io.

L’immagine può trarre in inganno, sembra io sappia cosa stia accadendo, in realtà cerco di capire le intenzioni del mio scorbutico destriero, ma sono talmente affascinato dal luogo in cui mi trovo che lascio fare a lui.

Ormai in preda al delirio endurista, 10 giorni prima della gara brianzola, mi imbatto in un annuncio, su un noto portale di vendita online, di un Beta 250, ed è amore a prima vista.

Non ho mai guidato nulla di simile e mi appresto ad affrontare una gara mai realizzata fino ad oggi. Per precauzione chiamo mia mamma, un saluto prima della partenza, rimango vago sui programmi della giornata e lei si raccomanda di andare piano.

Accendo la moto e per prendere confidenza percorro un rettilineo alberato che porta al fettucciato. Prima, Seconda e finalmente in terza il Beta decide di riappoggiare la ruota anteriore sull’asfalto. Realizzo immediatamente che sarà una lunga giornata.

Mi faccio forza, drone in spalla vado verso il tracciato dove Matteo Quadrio sta definendo gli ultimi dettagli prima della partenza. Con la scusa del sopralluogo per le riprese approfitto per il mio giro di prova. Rettilineo di ghiaia spezzato da due varianti, freno, aspetto che il Beta riappoggi la ruota e sterzo. Lentamente supero gli ostacoli e, a metà del dei 5 chilometri di bosco lombardo, quasi mi commuovo. Lascio fare al Beta e mi guardo attorno. Tutto è così incredibile che non sembra vero.

Che posto ragazzi, e io sono qui, nel cuore del tempio della velocità a combattere con radici, rami e fango.

Quando credo di aver visto tutto con un piccolo balzo mi ritrovo sulla mitica parabolica di Monza, il cuore esplode e spero non finisca mai.

Ma è ora che cominci la gara.

Rapido briefing (non ammazzatevi e non ammazzate nessuno) e siamo pronti al via.

Come di consueto le mie ghiandole salivari decidono di andare in vacanza mentre aspetto il mio turno vicino al bidone dove è appoggiato il cronometro che sta scandendo il tempo del pilota partito prima di me. Tempo stimato per quelli bravi sotto gli 8 minuti. Fa un caldo allucinate, ogni trenta secondi allungo il collo per controllare il passare dei minuti, sembro un piccione. Decido di cambiare tattica e, per distrarmi, mi concentro sulla generosa scollatura del giudice di gara. Beccato, ritorno a fare il piccione.

E’ il mio turno, aziono il timer e parto. Sento urlare il mio nome (grazie Ale) e nella foga rischio di schiantarmi alla prima curva. In piena trance agonistica mi sembra di essere una libellula tra gli ostacoli. Ogni curva, salto o buca non hanno più segreti per me. Sicuramente stamperò un tempo record degno della mia mitica moto.

A riportarmi con i piedi saldamente per terra è Adelio Lorenzin (foto sopra) che in un punto impossibile mi passa come se io fossi seduto al bar a sorseggiare un caffè troppo caldo. Il tempo di sentire PISTA!! e non lo vedo più. Ma che importa procedo con la velocità di un levriero che insegue la lepre e…subisco un secondo sorpasso. Mi convinco di essere stato vittima di un miraggio e sono sulla parabolica. Volo verso il traguardo, inchiodo di fianco al bidone e clamorosamente sbaglio postazione. Arretro, corre in aiuto anche Ale che raccoglie il secondo cronometro. Si gira sconsolato verso di me e mi comunica che qualcuno lo ha già fermato su 8,22 minuti. A me sta bene.

Adelio si piazzerà secondo, forse perché ha trovato me sulla sua strada, ma non ho mai visto uno più felice ad una premiazione. (Secondo podio in due gare, per tutti e tre i primi classificati)

 

In realtà uno più felice c’era. Io. Grazie Deus Milano. Ci vediamo per la terza tappa.