Dopo lunga gestazione, causa inaspettati impegni di lavoro, ecco finalmente il mio album di ricordi dalla splendida città di Biarritz. Capita sempre così, si torna carichi di critiche ma alla fine ti manca……buona visione.
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El Rollo
Sunride 2016_Non si arriva tardi…..
Rieccomi. Dopo una lunga pausa rubo pochi minuti all’onda di lavoro che mi ha travolto in questi giorni per raccontarvi il mio Sunride.
Regola numero uno: Se sabato alle 16.00 non sei ancora riuscito a partire da Milano in direzione Pesaro, pensaci su. Ma per un appassionato di special cosa vuoi che siano le regole, parto. D’altra parte gli impegni familiari vanno onorati e tra una figlia in partenza da Orio al Serio e una moglie in partenza da Rogoredo, uno zaino da riempire, la moto da caricare sul furgone e il drone, che non sia mai, si è fatto tardi. Sulla soglia di casa arriva una telefonata….la Mölta (la mia R65 trasformata in Scrambler da Toysgarage), in prestito ad uno dei suoi papà, che è in viaggio verso Pesaro, è ferma in autostrada. Senza esitare sono seduto sul furgone pronto a correre in aiuto degli audaci riders quando arriva la telefonata che fa rientrare l’emergenza, riserva lenta a pescare dal serbatoio. Avrebbero dovuto aspettare che divorassi almeno 150 km di autostrada, meglio così.
La voglia di arrivare è tanta, l’ora è tarda e il piede diventa pesante….tenendomi nei limiti, spero, arrivo, finalmente, alle 19.50 a Pesaro, i ragazzi hanno prenotato all’hotel Vittoria, affacciato sulla spiaggia e accerchiato dalle bancarelle. Con un paio di manovre aggiro lo sbarramento scarico i bagagli e cerco parcheggio. Dopo ventinove minuti mi rendo conto che parcheggiare a Pesaro non è facilissimo. Al tramonto attraverso fiero il centro di Pesaro fino all’hotel. Salgo in camera per un veloce cambio d’abito e ….non riesco ad entrare. Il Concierge mi spiega che le cameriere hanno rifatto la stanza e, inavvertitamente hanno chiuso con il blocco, sblocco, entro. Evidentemente le cameriere amano Picasso, faccio lo slalom tra asciugamani, infradito, zaini e ……e mi accorgo che i miei compagni di stanza si sono divisi le brande lasciandomi il letto matrimoniale, in condivisione. Mi aspettano al villaggio, allegri, ma non troppo. Hanno spostato la location e, a loro dire, in un luogo meno coinvolgente. Arrivo anche io, superato il porto(sede delle prime edizioni) si raggiunge una baia con una vasta zona erbosa dove sono sistemante le tende in vago stile Wheels & Waves, e le moto le devi parcheggiare fuori, in stile Wheels & Waves. Ci sono diversi preparatori con pezzi di pregio esposti, ma la sensazione non è di gran folla. Faccio un giro mentre inizia ad imbrunire e la fame mi attanaglia. Raggiungiamo un ristorante poco lontano e affrontiamo la cena più lunga della mia vita, tra ordinazioni sbagliate, arrivate dopo ore e scortesia. Peccato. Se ne approfitta per scambiare quattro chiacchiere e raccogliere le lamentele dei miei commensali, non per la cena ma per come è diventato il Sunride. Lo spostamento della location è la prima in classifica nel ranking del malumore seguito dall’impossibilità di entrare con la propria special nel villaggio, che a dire la verità non è popolatissimo. Prima, al porto, facevi parte della festa anche tu, e la tua moto era protagonista al pari di quelle dei preparatori. Esattamente come il W&W, incredibilmente, gli eventi principe per gli appassionati si stanno trasformando in fiere che allontanano il cuore pulsante che li anima, con tanto di tiro a segno da lunapark. Per tutta sincerità io, essendo al mio primo Sunride, oltretutto arrivato in ritardo, non posso fare una recensione obiettiva. Ascolto. Come ho ascoltato al W&W, giudizi molto simili. Comunque finita la cena…….ritorniamo al villaggio. La gente è arrivata, tornati dal giro tra le colline che, arrivando tardissimo, mi sono perso. Sul palco c’è una band con un cantante tarantolato che urla a squarciagola. Io e Gabriele in sella alle nostre special, facendo i finti tonti, entriamo nel villaggio. La sicurezza dopo un timido diniego ci fa passare e,incredibilmente, dopo pochi minuti,le nostre moto vengono circondate dal pubblico presente. Non perché sono le moto più belle che abbiano mai visto, ma perché sono oggetto di curiosità e di discussione. Quello che dovrebbero essere questo tipo di feste. Feste e non fiere. Per ritrovare lo spirito del Sunride ci dirigiamo al porto, il tempo di berci un’ultima birra per poi andare in albergo.
Il mattino dopo mi sveglio presto, colazione con gli amici e poi corro al villaggio e c’è chi carica già i furgoni, 2 scatti al volo per ricordo, con la luce del sole, e inizio ricerca del furgone, mi sono dimenticato dove ho parcheggiato. Ritorno in albergo, devo caricare la MV Agusta di Alberto, la sua ruota posteriore è rimasta “sulle tele”, finita. Nelle giornate del Burnout selvaggio la mancanza di un gommista è un errore imperdonabile. E lui il burnout non l’ha nemmeno fatto. Saluto gli amici, torneranno a casa facendo il Muraglione e un paio di passi. Mi confessano che probabilmente non torneranno più, io non lo so, almeno un Sunride per intero mi piacerebbe vederlo. Più feste e meno fiere.ciao.
Wheels & Waves 2016 _ Fine
Anche questa avventura giunge alla fine. Sulla sedia giace fiero il pettorale della Punks Peak Race, intonso. Oggi colazione ricca, la mattinata ci accoglie con una nuova perturbazione. Poco male, oggi si fa i turisti. Non cedo neppure al richiamo del tour che parte da Biarritz alle 9.00 per farci ritorno per le 17.00. L’intenzione era quella di seguire il gruppo con il furgone per scattare qualche foto e magari fare delle riprese con il drone, ma il tempo, la pigrizia e le code fatte mi fanno desistere. Ci dirigiamo al mercato di Biarritz e poi ripreso il furgone riusciamo, finalmente a visitare Saint-Jean-de-Luz, splendida cittadina, curatissima e con una chiesa da visitare obbligatoriamente. Ci si sente praticamente in Spagna e non possiamo far altro che pranzare ordinando una Paella, ottima, ma fin troppo abbondante. Lunga passeggiata e ritorno a Biarritz. Rimane giusto il tempo di un ultimo giro in moto. E quale miglior saluto a questo splendido angolo di mondo se non percorrendo la Cournice che da Saint-Jean-de-Luz ti porta praticamente in Spagna. Arrivo e…gara di triatlon. Esattamente come l’anno scorso sei tritapalle di triatleti bloccano il passaggio e sono costretto ad una lunga deviazione. Fortunatamente il blocco della Cournice si conclude pochi minuti dopo, non quello del paese che mi costringe, al ritorno, ripercorrere la deviazione. Tornando indietro faccio un lungo giro di Biarritz che, nonostante qualcuna sia già ripartito, e ancora popolato di rumorosissimi motociclisti che anche quest’anno hanno dato da far alle forze dell’ordine. Tanto che l’organizzazione dell’evento ha dovuto emanare due comunicati via Facebook per chiedere ai partecipanti all’evento un comportamento più civile. Appelli, pare, rimasti inascoltati, più o meno come dire ad un bambino che non può giocare a palla in un campo da calcio. Persino su un muro è comparso un graffito con scritto “Respect Local”. In più si sono registrati diversi furti negli stand e nelle auto in sosta, il più eclatante quello di un paio di stivali da collezione di Alpinestars. Ma purtroppo, vista la quantità di persone che l’evento attira è quasi inevitabile. Peccato. E il pensiero corre a tre anni prima, quando ho viso per la prima volta il W&W, per i puristi già troppo commerciale, per me il più bel parco giochi del mondo, i sogni che diventano realtà. Ed è per questo che la voglia di ritornarci non c’è più, se non fosse che ora che mia figlia l’ha visto vuole fare la patente della moto e costruirsi una special….. Chissà, se la nuova edizione la facessero in Spagna….. Staremo a vedere. Il prossimo fine settimana si parte per Pesaro, il Sun Ride Festival ci attende e per me è la prima volta. Chissà, magari mi innamoro.
Wheels & Waves 2016 _ Punks Peak Race
1o giugno 2016, il giorno è arrivato. La notte è passata veloce, più di quanto volessi. Mi sono svegliato presto, la montagna non aspetta! Ritrovo in cima a Jaizkibel alle 10.00, registrazione piloti, controllo moto e abbigliamento. Gara alle 13.30…..La mail è talmente dettagliata che arriva con allegata la posizione satellitare e le istruzioni per raggiungere l’area di parcheggio con i furgoni. Alle 7.00 sono in piedi, la sera prima tornando dall’Artride abbiamo soccorso un ragazzo di Bordeaux che trascinava la sua moto da competizione degli anni 60, motorizzata Zundapp, con il motore grippato. Mentre lui iniziava una litania fatta di “mercie” e “tre gentile” io riuscivo solo a pensare all’impegno del giorno dopo e che, magari, dopo questo bel gesto il dio della velocità mi avrebbe guardato con occhi diversi. Insignito della medaglia al merito di Benefattore del Wheels & Waves la gara per me sarebbe stata più lieve.
Mi affaccio alla finestra e il tempo…..fa schifo!? Non penseranno di correre!! Ma in fondo ho superato il Vintage Ride, due giorni di sterrato in sella ad una bmw R65, cosa vuoi che siano pochi secondi di asfalto….Questo è l’anno delle prime esperienze, e così sia. Adesivi attaccati, quello di Sultan of Sprint è il dono ricevuto direttamente da Seb Lorentz per l’acquisto della sua maglietta di Lucky Cat Garage, stivali, casco omologato e guanti sono già sul furgone dalla sera prima, insieme alla moto. Oggi colazione leggera, niente croissant del panettiere.
Diluvia.
Si parte comunque, il viaggio è silenzioso, prendiamo l’autostrada per fare prima e faccio l’esatto opposto di quello indicato sulla mail salendo verso Jaizkibel dalla parte riservata alle moto. Non c’è nessuno e mi fanno passare. In cima ci sono una decina di furgoni che emergono dalla nebbia come spettri. L’atmosfera è decisamente particolare, ogni tanto compare una figura intenta a fotografare qualsiasi cosa che si muova, per ora solo cavalli. Incontriamo anche un’anziana coppia venuta apposta per assistere alla gara direttamente dal Portogallo, e….ci scatta una foto.Nessuno sa di preciso cosa succederà, chiedo ai miei vicini di parcheggio, che scopro essere i ragazzi di Plan B Motorcycle, ma non sanno nulla neanche loro mentre veniamo sferzati da raffiche di vento e acqua. Raggiungo la pit lane e inizia a piovere….in orizzontale. entro con la mia metà asciutta nel furgone della direzione di gara, per ora la corsa non è annullata e mi consegnano anche il “bib”, il pettorale con il mio numero di gara. Bastardi. Torno indietro, striscio con la suola sulla riga bianca di mezzeria e il piede scivola come se ci fosse olio…..sono spacciato. La nebbia è fittissima e in più non la smette di piovere, arriva El Solitario con tutta la sua tribù, mentre sul prato non si scorge anima viva. E, come se tutto fosse orchestrato dalla sapiente regia di Federico Fellini, improvvisamente, la strada inizia ad animarsi di Nativi Americani in sella a scoppiettanti cinquantini. Per un attimo rimango in attesa di elefanti, nani e donne barbute….niente. Lo prendo come un segno del destino e scarico la moto dal furgone, sono arrivato fino a qui e voglio percorrere l’ottavo di miglio anche io. Diventa inevitabile quando vedo passare davanti a me un giapponese in sella alla sua stilosissima Ducati, se lui si è preso la briga di arrivare dal Giappone per la gara io non posso certo rinunciarvi.
Il tracciato si anima, non faccio più caso alla pioggia e inizio a scaldare il motore. Alla pit lane regna ancora l’incertezza, nel frattempo parte una sessione fotografica con protagonisti i Nativi Americani. Al grido di “La Copita!!” si organizza una simulazione di partenza e sbandierata di arrivo pochi metri dopo per la gioia dei fotografi. Nel frattempo incontro Deus Milano, anche loro impegnati in uno shooting, e mi “ingarello” con Filippo Bassoli in una serie di partenze per scaldarmi un po’e soddisfare il mio ego.Sono pronto, ma il dio della velocità decide che non è così e si materializza sotto forma di un giudice di gara che grida, per sovrastare il rumore dei motori, “race cancelled!!” La linea di partenza, dietro la quale eravamo rimasti prigionieri causa shooting indiano, viene riaperta e in un attimo realizzo che posso vincere la mia prima gara sprint in salita…..Mi torna in mente Pier Francesco Chili, Misano 1989, gara classe 500. Un nubifragio si abbatte sulla pista durante la gara che viene sospesa, l’asfalto non drena bene e i piloti più titolati, tra i quali Schwantz, Rainey e Lawson, si rifiutano di ripartire. Per Chili non è un problema, riparte e vince. Questo è il mio destino. Mi avvicino alla linea di partenza e mi “fiondo” sul tracciato fendendo la nebbia, con circospezione. Mi pare di vedere la linea di arrivo davanti a me mentre sulla mia sinistra vengo superato da un ragazzo di Ginevra, conosciuto poco prima, che in sella alla sua Honda CB sta accompagnando alla macchina un suo amico scomodamente appollaiato sulla coda della moto…… Secondo. In preda allo sconforto per l’occasione persa mi dirigo al furgone, non c’è nessuno. In quel momento realizzo di aver abbandonato le ragazze lungo il tracciato con il compito di scattare delle foto. Vado a cercarle e mi accorgo che sulla linea di partenza c’è un certo fermento. Mi avvicino ad un capannello di persone raccolte intorno ad un iPad dove un filmato ha per protagonista una moto che va in fiamme. Mi volto e la moto è lì, una Brough-Superior degli anni ’30 da collezione, giace contro la staccionata a lato della strada. Sull’asfalto una traccia di bruciato, schiuma di estintore e ,tra fumi e nebbia, Mr Roberto Parodi. Per un attimo mi chiedo se tutto quel casino lo abbia fatto lui, ha anche i jeans stracciati. Ma mi dicono di no. I pantaloni sono stracciati perché durante il viaggio da Milano a Biarritz è stato speronato da un carrello trainato da un auto che lo ha sbattuto in terra. Per nulla abbattuto ha riparato la moto e continuato il viaggio, ed entra definitivamente nell’Olimpo, con i miei eroi. Ritrovo le ragazze, come fieri soldati hanno resistito alle intemperie e portato a casa il compito assegnato. Raggiungiamo di gran carriera il furgone, sembrerebbe quasi che mi inseguano…. Per farmi perdonare puntiamo verso Hondarribia dove, annullati i festeggiamenti, non ci resta che infilarci nel bar “Itxaropena” per una birra e dell’ottimo cibo, seguiti poco dopo da El Solitario e la sua ciurma. Mi guardo attorno e penso come sarebbe andata a finire se non fosse piovuto……Mi accontento di aver salvato pelle e onore e ordino un’altra birra.
Wheels & Waves 2016 _ Artride
Il secondo giorno ce la si può prendere più comoda. C’è la gara ad inviti di surf e il villaggio è tranquillo, così mi aggiro tra gli stand e ne approfitto per dedicarmi ad un po’ di shopping. La maglietta di Lucky Cat Garage è tra le prime a finire nel mio zaino alla quale seguiranno quella ufficiale dell’evento e qualche adesivo che farà bella mostra sulla mia moto il giorno della gara. Già la gara…..mi aggiro tra alcuni esemplari di moto che parteciperanno allo sprint della Punk’s Peack Race e già da fermi fanno paura e una certa angoscia inizia ad insinuarsi nelle membra. La mattina scorre veloce tra indiani, moto da antitetanica, sculture su due ruote di Ed Turner e addirittura Mr. Roberto Ungaro che apre la tenda Yamaha. Così veloce che è troppo tardi per andare in spiaggia a vedere le ultime surfate ma l’ora giusta per fare un giro in città e mangiare qualcosa con le mie ragazze. C’è da dare un’occhiata al mercato coperto ma arriviamo quando sta per chiudere. Deviamo sul lato e ritrovo un ristorante (bar Jean) che avevo provato tre anni prima insieme agli amici. Decidiamo di fermarci li con estrema soddisfazione di tutti e tre. Dopo pranzo una passeggiata fino al faro, in una delle giornate più calde della settimana, ci fa disintegrare le calorie accumulate dal pranzo. Eccoci arrivati, la vista è bellissima e spiego alle ragazze come era organizzato il luogo quando era la base del Wheels & Waves. Ancora mi emoziono al ricordo di quei giorni, alla spontaneità delle persone e a quella sensazione di sentirsi una famiglia. Ma come accade nella vita si cresce e quella spontaneità viene meno. E qui è rappresentata dalle guardie di sicurezza e quel sentirsi spettatore invece di protagonista della storia come era stato tre anni fa.Ma il tempo è tiranno, una passeggiata sulla spiaggia per rinfrescarci, una doccia in camera e via verso Pasaia San Pedro. Alle 19.00 apre Casa Ciriza per l’esposizione Artride 2016. Una volta si teneva a Biarritz ma da quest’anno è stato trasferita in Spagna. La coda di auto non è delle più spaventose mentre, nella direzione opposta, sembra un girone dell’inferno. Arriviamo nella nuova location in mezzo ai capannoni del porto. La prima impressione che si ha è di uno squallore incredibile. Un immenso spazio di terra battuta è stato adibito a parcheggio dal quale si accede, tramite una scalinata, ad una strada che porta a Casa Ciriza. Siamo in anticipo e incontro Marco e Mario di OMT Garage, ci sono esposte le loro due Moto Guzzi realizzate per Lord of Bike e mi raccontano un paio di aneddoti sull’allestimento dell’esposizione nell’attesa dell’apertura dei cancelli. Con quasi mezz’ora di ritardo ci fanno entrare, ci infiliamo per le scale e rimaniamo bloccati. Dopo qualche minuto una ragazza ci supera di corsa e…va ad aprire la porta in cima alle scale che avevano dimenticato chiusa. Bisogna dire che lo spazio è una piacevole sorpresa, diviso su tre livelli questo vecchio magazzino non è niente male. Il piano di mezzo è quello più gremito, ospita il bar, e per un po ospiterà anche me. Ottima birra a due euro. L’ultimo piano ospita una galleria fotografica e alcune moto con tanto spazio attorno, tra cui le Guzzi protagoniste del programma di Sky. Il risultato non è esteticamente premiante ma le attenzioni alle moto da parte dei visitatori non mancano. Di tutt’altro sapore il piano zero, la penombra generale viene tagliata in due dalla luce proveniente dai piani superiori e l’esposizione è un tripudio di moto, di performance calligrafiche, presentazioni di libri e la proiezione di un film sul El Solitario che ha uno spazio lui dedicato. Indian e BMW fanno notare la loro presenza con pezzi di prim’ordine , i primi con una notevole schiera di pezzi da collezione e i secondi con due prototipi da far girare la testa, l’endurance di Präem su base S1000RR e la Motorrad Concept Lac Rose su base NineT. Bisognerebbe starci un giorno intero tante sono le cose da vedere, ma dobbiamo affrontare il viaggio di rientro a Biarritz e l’ultima notte prima della gara a Jaizkibel….Se riusciamo ad uscire dal parcheggio.
Mi faccio la special _ chapter 3
Meriterebbe un libro con tante pagine questa storia, un po’ per mettere in guardia chiunque voglia realizzare, con l’aiuto di mani esperte, una special e un po’ per appoggiarlo su una mensola della libreria come pietra miliare della stupidità, la mia soprattutto.
Siamo arrivati a giugno, sulla moto si stanno realizzando il nuovo coperchio che ospiterà la presa d’aria e i comandi dell’avviamento che arrivano dall’Inghilterra , sono comandi che montano le auto da rally, per esigenze di spazio verrà smontato e…danneggiato “e…se compri le cinesate…!”. Ma resisto.Il lavoro procede a singhiozzo, anche a causa di vicende personali del mio “aguzzino”che vanno al di là di una motocicletta, lo capisco e rimango in attesa, educato. Fino a quando non capisco che la mia buona fede è tradita. Mi vengono assicurati tempi di lavorazione che vengono puntualmente smentiti dalla realtà, realtà alla quale il mio “aguzzino” sembra totalmente dissociato a tal punto che in un paio di occasioni gli suggerisco degli interventi da fare sulla moto e dopo pochi minuti, come se nulla fosse, rivolgendosi a me mi comunica che gli è venuta in mente un’idea che è esattamente la stessa che gli ho detto io. La cosa mi inquieta ma decido di procedere, parafrasando Totò “volevo vedere dove voleva arrivare!”. Inizio a pagare degli anticipi che, scoprirò solo dopo, erano a copertura delle sole spese dei pezzi. Lo scopro, chiedo un preventivo definitivo che arriva dopo un paio di giorni. La botta e secca, di quelle che ti lasciano intontito, quelle che quasi non fanno male ma ti stonano. Mi rialzo dal “tappeto” e mi ripeto “non ha fatto male!”come un mantra, ma non è tempo di gettare la spugna. Chiedo una data precisa per la consegna, “fine luglio!” tuona il mio “aguzzino”. Diventerà la prima settimana di agosto, forse la seconda, tempo di fare l’impianto elettrico (1 settimana). Sparisce. Lo chiamo per 10 giorni consecutivi, non risponde e poi scollega il telefono. Si rifà vivo con giustificazioni che entrano nella sfera del paranormale…gli chiedo la moto per la prima settimana di settembre, voglio partecipare al Glemseck 101. “Non ci sono problemi, vengo anche io!”. E’ superfluo dire che la moto non verrà pronta, si è anche folgorata la pompa della benzina…Sono stremato, ormai ho gli incubi. Diciamo che a fine settembre, inizi di ottobre inizierà il lavoro sull’impianto elettrico e il traliccio porta sella. Per il traliccio ci metterà 4 settimane (darà la colpa al suo assistente) e per l’impianto elettrico QUATTROMESI!!! solo perché ogni tanto mi siedo in officina per alcune ore per assicurarmi che vada avanti. Arriva gennaio, l’impianto è ancora un budello appeso al telaio, molto ridotto rispetto all’originale, ma sempre fuori dalla sua sede. Il 17 gennaio, finalmente, facciamo la prima prova su strada e…la moto arriva a 3500 giri e si blocca, scalcia quasi ti getta in terra….”hai voluto montare quel filtro lì…!!”. Gli faccio notare che probabilmente è un problema elettrico, ma non c’è nulla da fare. Fa mappare la centralina ad un “esperto”. La moto continua a non funzionare, dà la colpa al filtro, il mio preziosissimo Kuryakyn Hypercharger, e lo demolisce. Via le alette anteriori e tappa l’uscita del filtro sul retro con una placca. Basta, non ne posso più. Davanti alla scelta di pagare uno psichiatra decido di pagare lui e portarmi via la moto, vuole anche dei soldi in più per il tempo che ha dovuto dedicare all’impianto elettrico. Anche se gli faccio notare che è a causa della sua incapacità lo pago e me ne vado.La moto è indomabile, in più il “meraviglioso portatarga” monobraccio, montato sul mozzo posteriore, si spezza dopo appena 50 km. Per la cronaca si offre di ripararlo ma non lo voglio più vedere ne sentire. Contatto un virtuoso degli impianti elettrici, mi aveva già sistemato la mitica Mölta, e subito si accorge dei disastri fatti all’impianto. Il suo intervento, disperato, risolleva la situazione ma c’sempre un’incertezza a 3500 giri e la moto si ferma……Ormai sono deciso a prendere una tanica di benzina, cospargere la Buell, e farla finita. Devo prendere atto che ho preso i soldi e li ho buttati dalla finestra. Ma quando vedo solo buio attorno ecco che, vestito da Arcangelo Gabriele, compare Simon (questo è l’unico nome che farò nella storia e segnatevelo , è il “virtuoso” degli impianti elettrici. Lo trovate dal concessionario Harley di Lodi) che risolve tutto. Il conto è di tutto rispetto, ma molto meno di quanto mi aspetti, giro la fattura al mio “aguzzino” e gli chiedo anche i pezzi rovinati. I pezzi non li avrò mai ma la fattura, con comodo, la paga. La storia ha anche un lieto fine, la Buell parteciperà alla PUNKS PEAK RACE gara di accelerazione organizzata per il Wheels & Waves che si terrà ad Hondarribia. Non ho una morale per questa storia, è che dovrebbe essere una gioia fare una special, trovare persone che veramente condividano un progetto con passione e sincerità. Il problema è rappresentato dai furbacchioni che non sono in grado di riconoscere i propri limiti e trasformano un sogno in un calvario. L’ho chiamata The Liar, un po’ perché sembrava una moto facile e invece si è dimostrata l’esatto opposto, e ,soprattutto, in onore del mio “aguzzino”, è riuscito a spostare l’asticella dei bugiardi a vette inesplorate.
Mi faccio la special _ chapter 2
Febbraio 2015. Sono fiducioso, ho trovato il meccanico dei miei sogni. Specializzato in sospensioni e raffinato meccanico e, soprattutto, esperto di Buell. Come prima cosa si procede con il ripristino delle flange per le ruote a raggi e la creazione di nuove piastre per le sospensioni. Ricordo al meccanico la mia intenzione di partecipare al Wheels & Waves 2015 di giugno e quindi vorrei intervenire sull’impianto elettrico e qualche piccolo dettaglio per non rallentare troppo i tempi. “Non ci sono problemi, sai quanti impianti ho rifatto….”, vengo rassicurato. Oltretutto la frase, che ho già sentito molte volte nella mia vita, è preludio di cattive notizie, ma sono fiducioso. “Mi ci vuole una settimana di lavoro per la parte elettrica , non ti preoccupare”. Rimango fiducioso.Nonostante i primi ritardi nella consegna delle nuove flange e piastre, un mese a causa di un fantomatico disguido nella spedizione dei pezzi, rimango fiducioso, e inizio a creare il mio personale layout. Parte la ricerca di pezzi particolari per dar forma al mio sogno, sella, strumento e una presa d’aria che mi piacerebbe montare al posto dell’airbox. Nella mia testa tutto procede a gonfie vele, ma c’è qualcosa che non mi lascia tranquillo. Passano le settimane e la moto rimane come congelata su un ponte di lavoro. Ad ogni mia domanda vengo rassicurato ma vedo passare molte moto e la mia sempre in attesa di attenzione. Ammetto che il lavoro è particolare, ma il mio “aguzzino/meccanico” continua a rassicurarmi e, addirittura, a fare l’offeso se metto in dubbio la sua parola. Fino a quando, a metà Aprile, gli chiedo se riuscirò a portare a Biarritz la moto. “No, ci vorranno ancora 3 mesi di lavoro prima della conclusione del progetto”. Non sento più nulla, vedo la bocca del “meccanico/aguzzino” che si muove ma non sento alcun suono. Ci sono ricascato. Sono esausto e deluso, però, visto che è il terzo meccanico che vede la mia Buell, cerco di restare con tutte le mie forze e decido di continuare. Andrò a Biarritz con la mia fidata Mölta (bmw R65 scrambler by Toysgarage ndr). Lo lascio lavorare e dopo un mese la moto è ancora lì. Congelata.Sono un po’ alterato, e da qui parte il monologo “dell’aguzzino”, che non chiamerò più meccanico, su quanto tiene al progetto al quale vorrebbe partecipare attivamente anche con delle idee per la realizzazione….ecc…ecc…Sperando di accelerare gli interventi gli concedo di partecipare al progetto più attivamente e così mi propone lavorazioni al carter motore, foderi forcella e telaio per cambiargli colore, non ci sono problemi, ma i costi? “Non ci sono problemi! Questo è un grande progetto”. Tutto questo porterebbe chiunque a fuggire, ma io resisto. Fiducioso.
Harley Davidson XR1200TT
Prendete una Sporster XR 1200 e ….immaginate. E’ quello che hanno fatto i ragazzi di Shaw Speed & Custom, dealer Harley nel Sussex. E con l’immaginazione hanno volato, visto quello che sono riusciti a creare. Sfogliando le immagini del Bike Shed Londra 2016, che anche quest’anno non ho visitato, ho notato subito questa incredibile creatura. Prendete una XR 1200, modello, ingiustamente, poco apprezzato e ora ricercatissimo sul mercato dell’usato, e trasformate la sua anima da flat-track in quella di una superbike molto cattiva.Non si tratta solo di un intervento estetico, infatti le modifiche non si fermano alla carena da MotoGP. Per il reparto sospensioni si è passato a delle superperformanti Öhlins, pinze radiali Brembo, cerchi in magnesio, lo scarico è stato espiantato da una BMW x6 e la trasmissione finale è a catena. Con altri piccoli ritocchi la potenza è salita a 100 cavallo da i 90 iniziali. Certo non potrà impensierire una Ducati Panigale, ma in quanto a stile non ha nulla da temere.
Mi faccio la special _ chapter 1
Lo avevo anticipato il 12 maggio e ora, con la convocazione per il 10 Giugno alla Punk’s Peak a Jaizkibel organizzata in occasione del Wheels & Waves è ora di raccontare la storia della Bugiarda/o, il nome che ho dato alla mia Buell XB9R del 2003. The Liar.
Subito dopo il ritorno dal mio primo Wheels & Waves, inebriato dall’energia esplosiva dell’evento sulle rive dell’oceano, mi imbatto in un’immagine che mi si pianta nel cervello.Vedo questa tavola di Holographic Hammer e, come Saulo (vedi la conversione di San Paolo ndr), vengo folgorato sulla via per Damasco. Vendo il mio GS adv 1200 e mi metto alla ricerca di una Buell in buone condizioni. E la trovo.Raggiungo Modena con due cari amici e la portiamo a casa. Funziona, è bellissima. Mi è sempre piaciuta e non vedo l’ora di trasformarla in qualcosa di unico. Come da layout la prima cosa sono le ruote che, anche se quelle originali sono bellissime, vanno sostituite con due cerchi a raggi e, neanche a farlo apposta, salta fuori un amico che ne ha due disponibili. Sono due bellissimi cerchi Kineo, ma per una Ducati e quindi vanno adattati eliminando il disco perimetrale e modificando l’attacco delle pinze.Allora, dato che ci siamo,non mi faccio mancare nulla e trovo un avantreno di una R6 con pinze radiali alzando ancora un po’ l’asticella delle difficoltà. I primi ingredienti ci sono, ora bisogna solo miscelarli. Per fare le nuove flange per adattare i cerchi e il nuovo perno forcelle per montarle sul telaio Buell mi affido ad una nota officina milanese nota per riparare telai di ogni genere. Mi confermano la possibilità di realizzare il lavoro, mi fanno il preventivo e si parte. Dopo 30 giorni mi viene riconsegnata la moto e, nel momento in cui monto le pinze sull’avantreno mi accorgo che il disco è pericolosamente vicino al fondo della pinza, pare decentrato. Porto la moto ad un meccanico Harley dalle parti di Linate che promette, per una determinata cifra, di rifarmi l’impianto elettrico. Come da copione mi consiglia una serie di lavori (che risulteranno totalmente inutili) che raddoppiano di colpo il preventivo. Inizia a serpeggiare nella mia testa l’incubo della malafede che si manifesta nel momento in cui insisto ad avere un preventivo definitivo dei lavori da effettuare che risulta essere quattro volte superiore a quello iniziale. Ringrazio , raccolgo i pezzi e me la do a gambe. I dubbi sui primi lavori per il montaggio dei cerchi e della forcella rimangono, spingendola in piano avanza come un mastino scazzato…..Inizio a fare ricerche e individuo un nuovo meccanico, ci sentiamo al telefono, è competente, abbastanza simpatico e mi apre la sua officina come fosse casa mia. Parte il controllo ai lavori fatti e subito ci si accorge del totale disastro che mi hanno consegnato. Mozzo della forcella corto, ha solo due filetti del bullone che lo tengono “stretto”, il canotto ha un diametro sbagliato, in frenata le forcelle sbacchettano, mozzi anteriori con fori decentrati dei dischi che sono stati limati nelle guide interne per farli entrare nei nuovi mozzi. Le pinze sono a tre millimetri dai raggi. Mozzo posteriore a “banana”, la ruota è inclinata verso destra……. Sono allibito, il meccanico mi conferma che se avessi usato la moto avrei rischiato non poco. Con la dichiarazione del meccanico e le foto torno dai primi “specialisti” e con non poche discussioni e minacce mi faccio restituire i soldi e i pezzi rovinati. Inutile dire che non ci rimetterò più piede. Ritorno da quello che vedo come il mio salvatore e gli affido il progetto indicando una cifra limite da non superare e un tempo di massima per la consegna…….Siamo a febbraio 2015 e ha inizio il mio incubo.