Il Botto _ The Deus Swank Rally_Chapter 3

E adesso? Fino a settembre saremo orfani dell’evento più cool che segnerà il 2017.Deus Milano Rules.

Nonostante l’abbondanza di eventi dedicati ai motociclisti  Deus è capace di tirare fuori dal cilindro (mai parola fu più azzeccata) una sorpresa che supera le altre. A dire la verità un’anteprima l’avevo avuta. Un mese prima dell’evento ho ricevuto l’invito a partecipare al tracciamento del percorso di trasferimento tra i due fettucciati teatri delle prove cronometrate.
Come si evince dall’immagine l’anteprima non è stata una passeggiata. La pioggia dei giorni prima del sopralluogo ha reso il viaggio una vera e propria avventura.

Da qui potete capire il sollievo quando ho visto il meteo relativo ai giorni prima, durante e dopo la gara. SOLE.

Per me e il Beta si preannuncia una passeggiata trionfale.

Arriviamo di prima mattina, neanche il tempo di ambientarci e la zona di fronte al tracciato si riempie di motociclette. C’è un po di tutto, ma l’enduro vintage la fa da padrone.

Arriva il consueto momento del briefing, 50 gradi all’ombra, inizio a sognare qualche nuvola. Nulla all’orizzonte. Sono pronto. Scaldo il beta….. Come si può intuire dalle immagini la scelta di scaldare la moto in anticipo non è azzeccatissima. Faccio in tempo a spegnerla tre volte e, finalmente, arriva il mio turno.Parto, evito di mitragliare di terra il commissario e mi involo sul tracciato. La prima parte scivola via senza grossi problemi, il tracciato è veloce. Un tornante a sinistra e …. accidenti, una salita.Lo spirito di conservazione alleggerisce la mano sul gas e per poco non finisco come il pilota in foto. Gli altri piloti arrivano a cannone, lascio strada, e in quel momento mi ritornano in mente le parole che diceva mia Nonna: “Alessandro, ricordati, tutta la strada che fai in salita la ritroverai in discesa”. Sinceramente i detti di mia Nonna hanno sempre lasciato il mio unico neurone pressoché nello stato vegetativo in cui si trova oggi, ma nel momento esatto in cui, faticosamente, raggiungo la vetta tutta la verità di quelle parole me la ritrovo davanti. Un discesone con curva in contropendenza completamente coperto di paglia. Non provo neanche a pensare, sono già lanciato verso l’abisso. Provo a frenare con il posteriore che scodinzola senza ritegno e, non avendo il minimo coraggio di pinzare l’anteriore, faccio una lunga digressione sull’erba fresca.Con fatica sono di nuova a valle, ringrazio il cielo di essere ancora vivo e parcheggio la moto. Con la scusa delle riprese aeree la lascio lì fino al trasferimento.

Faccio un paio di riprese con il drone a mi accorgo subito di un fitto traffico aereo, un altro drone identico al mio mi sfiora e si va a schiantare contro gli alberi. Atterro impacchetto il veivolo e comunico a Filippo che precederò il gruppo verso la seconda prova.

Partiamo, siamo in tre. Dopo un chilometro sono solo. Il Beta scalcia, se non lo si tiene oltre i centomilagiri sembra si ingolfi, e, in una discesa, lo fa. Si ferma, sono solo. Cerco di riaccenderla. Nulla, nel bel mezzo di nulla.

Grazie al cielo arrivano soccorsi e, dopo una bella spinta, il Beta resuscita.

Arriviamo al Monte, il regno di Filippo Bassoli. Un promontorio che si erge nella valle come una gemma fatta a forma di endurodromo.Do fondo a tutte le mie capacità di pilota, di drone, ma, inevitabilmente, arriva il mio turno. Se la pista a Varano mi sembrava difficile questa è impossibile. Oggi il giudice di gara è più accollato e non mi resta altro da fare che puntare lo sguardo sul tracciato. E’ talmente in pendenza che si vede tutto senza alcuno sforzo. E’ l’ora del giro di prova prima di quello cronometrato, lo faccio in piena sicurezza. Quando scatta il cronometro, sono una furia. Mi lancio a tutta forza tra la polvere, il mio avversario è in sella ad una Kawasaki z400 scramblerizzata. Mi viene da ridere, ma mi trattengo.

Il Beta è imbizzarrito, mi risuonano in testa tutti i consigli che ho cercato di inocularmi nelle vene, mi lancio nelle curve sfruttando gli “appoggi” anche se non ho idea di cosa siano. E, alla fine, lo capisco di colpo. Mi appoggio talmente tanto che in una curva la moto si ferma di colpo e mi proietta oltre il terrapieno. Che BOTTO! Atterro sulla spalla destra, sono convinto di essermi rotto la clavicola. Mi rialzo in fretta e cerco di raccogliere la moto ancora accesa. La alzo e si spegne. La riaccendo, riparto e alla curva, dove si aggira un albero, rimango in piedi per miracolo. Arrivo al panettone, non so più chi sono, cerco di saltarlo e atterro come un ferro da stiro. Povero Beta. Arrivo a gattoni mentre, borbottando, mi sorpassa il Kawa. Con il morale negli abissi più profondi mi accingo a percorrere la tappa di trasferimento verso Varano. Non è il percorso fatto all’andata, è un’altro tracciato di circa 30 chilometri, asfalto e sterrato che misurerò più volte sdraiandomi con l’incolpevole Beta. Arrivo a Varano. Vorrei baciare la terra. Parcheggio la moto e dico addio a qualsiasi velleità di cronometro per la terza e ultima prova di fettucciato.

Sono distrutto. Mentre cerco di riavermi compaiono i fratelli Vegetti. “possiamo provare il Beta?” “Certamente”…..Il Beta scarica tutta la sua potenza sulla terra e nel giro di un paio di muniti vedo ricomparire Vittorio, jeans, camicia e Sebago in una nuvola di polvere e, vi sembrerà impossibile, il Beta, impennando, sorride.

Grazie a Marco Campelli e Marco Renieri per le splendide immagini.

Crescéndo_Deus Swank Rally_Autodromo di Monza_ chapter 2

crescèndo ger. (di crescere) e s. m., invar. – 1. Didascalia musicale che indica il graduale aumento d’intensità dall’uno all’altro suono di un passo musicale, abbreviata spesso in cresc. o ridotta allo speciale segno. 2. fig. Aumento progressivo d’intensità: un c. d’applausi, di urla, di fischi; la gara si svolse con un c. entusiasmante. (Treccani)

L’articolo potrebbe finire con la semplice pubblicazione delle foto realizzate da Marco Campelli, Marco Renieri, Francesco Ferrari e dal mio fido drone DJI Mavic come chiosa alla definizione data alla parola Crescéndo dalla Treccani.

Questa è la sensazione che ti rimane a quattro giorni dall’ennesimo entusiasmante evento di Deus Italia. Credo nessuno mai sia riuscito ad organizzare una gara di enduro all’interno del parco dell’autodromo di Monza, con arrivo sulla parabolica.

No ragazzi, non l’ha fatto mai nessuno.

Guardate bene le foto. Nella terza, in sella ad un Beta 250 regolarità del 1977, il pilota, sotto il casco rosso, ha un sorriso che gli va da un’orecchio all’altro. Come faccio a saperlo? Sono io.

L’immagine può trarre in inganno, sembra io sappia cosa stia accadendo, in realtà cerco di capire le intenzioni del mio scorbutico destriero, ma sono talmente affascinato dal luogo in cui mi trovo che lascio fare a lui.

Ormai in preda al delirio endurista, 10 giorni prima della gara brianzola, mi imbatto in un annuncio, su un noto portale di vendita online, di un Beta 250, ed è amore a prima vista.

Non ho mai guidato nulla di simile e mi appresto ad affrontare una gara mai realizzata fino ad oggi. Per precauzione chiamo mia mamma, un saluto prima della partenza, rimango vago sui programmi della giornata e lei si raccomanda di andare piano.

Accendo la moto e per prendere confidenza percorro un rettilineo alberato che porta al fettucciato. Prima, Seconda e finalmente in terza il Beta decide di riappoggiare la ruota anteriore sull’asfalto. Realizzo immediatamente che sarà una lunga giornata.

Mi faccio forza, drone in spalla vado verso il tracciato dove Matteo Quadrio sta definendo gli ultimi dettagli prima della partenza. Con la scusa del sopralluogo per le riprese approfitto per il mio giro di prova. Rettilineo di ghiaia spezzato da due varianti, freno, aspetto che il Beta riappoggi la ruota e sterzo. Lentamente supero gli ostacoli e, a metà del dei 5 chilometri di bosco lombardo, quasi mi commuovo. Lascio fare al Beta e mi guardo attorno. Tutto è così incredibile che non sembra vero.

Che posto ragazzi, e io sono qui, nel cuore del tempio della velocità a combattere con radici, rami e fango.

Quando credo di aver visto tutto con un piccolo balzo mi ritrovo sulla mitica parabolica di Monza, il cuore esplode e spero non finisca mai.

Ma è ora che cominci la gara.

Rapido briefing (non ammazzatevi e non ammazzate nessuno) e siamo pronti al via.

Come di consueto le mie ghiandole salivari decidono di andare in vacanza mentre aspetto il mio turno vicino al bidone dove è appoggiato il cronometro che sta scandendo il tempo del pilota partito prima di me. Tempo stimato per quelli bravi sotto gli 8 minuti. Fa un caldo allucinate, ogni trenta secondi allungo il collo per controllare il passare dei minuti, sembro un piccione. Decido di cambiare tattica e, per distrarmi, mi concentro sulla generosa scollatura del giudice di gara. Beccato, ritorno a fare il piccione.

E’ il mio turno, aziono il timer e parto. Sento urlare il mio nome (grazie Ale) e nella foga rischio di schiantarmi alla prima curva. In piena trance agonistica mi sembra di essere una libellula tra gli ostacoli. Ogni curva, salto o buca non hanno più segreti per me. Sicuramente stamperò un tempo record degno della mia mitica moto.

A riportarmi con i piedi saldamente per terra è Adelio Lorenzin (foto sopra) che in un punto impossibile mi passa come se io fossi seduto al bar a sorseggiare un caffè troppo caldo. Il tempo di sentire PISTA!! e non lo vedo più. Ma che importa procedo con la velocità di un levriero che insegue la lepre e…subisco un secondo sorpasso. Mi convinco di essere stato vittima di un miraggio e sono sulla parabolica. Volo verso il traguardo, inchiodo di fianco al bidone e clamorosamente sbaglio postazione. Arretro, corre in aiuto anche Ale che raccoglie il secondo cronometro. Si gira sconsolato verso di me e mi comunica che qualcuno lo ha già fermato su 8,22 minuti. A me sta bene.

Adelio si piazzerà secondo, forse perché ha trovato me sulla sua strada, ma non ho mai visto uno più felice ad una premiazione. (Secondo podio in due gare, per tutti e tre i primi classificati)

 

In realtà uno più felice c’era. Io. Grazie Deus Milano. Ci vediamo per la terza tappa.

The Democratic Republic of Fun _ Milano Rumble _ Chapter 1

Il titolo è venuto da solo, sarà che sono tre mesi che non scrivo nulla o semplicemente che sono reduce da uno dei più suggestivi eventi ai quali ho mai partecipato, magistralmente organizzato e diretto da Deus Italia. L’unica realtà italiana ad organizzare incredibili avventure dove assoluti principianti, come il sottoscritto, possono partecipare al fianco di piloti che mai si sarebbero sognati di incontrare, con uno stile unico ed inconfondibile. Se pensate che sia roba da fighetti vi sbagliate di grosso, qui si guida per davvero e ci si diverte un sacco.

The Deus Swank Rally, edizione Milano Rumble, è stato uno spettacolo entusiasmante, vuoi per l’incredibile location (non finirò mai di ringraziare la società MILANOSESTO che ha concesso l’area), vuoi per l’entusiasmo dei partecipanti e , sembrerà strano, per il meteo inclemente che ha regalato un sapore epico a tutta la manifestazione.

Invitato in qualità di documentarista, drone dotato, mi sono presentato munito di moto. Finalmente la mia bellissima Bmw R65, la Mölta, resa scrambler da Toysgarage, ha potuto dimostrare le sue indubbie capacità da fuoristradista agli scettici da bar. 

Grazie al cielo la mattina è clemente e, dopo qualche ripresa, mi presento impavido sulla line di partenza del primo tracciato sul piazzale principale.

In fondo ho già fatto una ricognizione aerea, un pò di terra e qualche curva, nulla mi può fermare.

Gabriele immortala il momento, ho la pettorina gentilmente prestata da Fabrizio di Ricoò e la maglietta che abbiamo realizzato per l’evento. Guanti messi, benzina fatta, il cuore accelera, la saliva scompare. Guardo negli occhi la ragazza del cronometro, lei sorride e io parto.  Il pensiero che quel sorriso sarà l’ultimo ricordo prima della mia dipartita non mi abbandona per tutta la durata del tracciato. Alla prima curva resto in piedi per miracolo, affronto primo dosso e…vorrei che il tempo si fermasse per poter scendere dalla moto, chiedere l’ultima sigaretta e dopo averla fumata avidamente risalire in sella per schiantarmi sulle macerie di asfalto che vedo di fronte a me. Incredibilmente le supero, rimango in piedi e mi fiondo verso il terrapieno dove mi aspetta un tornate che sicuramente è stato disegnato dall’aguzzino dei motociclisti da aperitivo. Lo supero con un urlo farcito di imprecazioni, sono ancora in sella, affronto una sequenza di curve infinita in ognuna delle quali non ho il minimo controllo della situazione e al decimo tornante, dopo una serie di scodate da far impallidire un toro meccanico, non posso far altro che accompagnare in caduta libera la mia amata Bmw. Non mi dò per vinto, la Dkw che mi tallonava mi supera, mi rialzo e raggiungo il traguardo.

Il crono? 4 minuti e 01, ma ci ho messo un pò per tirare su la moto…. Non mi scoraggio e vado ad apporre la mia striscia calamitata sul tabellone dei tempi. Che soddisfazione pensare che tra nomi blasonati di piloti, giornalisti e semplici appassionati in fondo c’è anche il mio, si, proprio in fondo. Ma che importa.

Non piove ancora e ne approfitto per andare verso il secondo circuito, la giungla. Seguendo una strada sterrata si passa sotto il ponte della tangenziale e sbuchi in un bosco che, per l’occasione, si è trasformato in una foresta pluviale.Solo per raggiungerla sfodero tutte le qualità residue di pilota da fuoristrada e, una volta sul posto, mi limito a sorvolare l’area con il drone. Il primo tratto è una distesa di erba bagnata, mi volto verso la Mölta e, insieme, decidiamo che non fa per noi. Con la scusa dell’imminenza della pioggia e la necessità di mettere al riparo il drone battiamo in ritirata. Il tempo di arrivare nel paddock e si scatena il diluvio universale. Mi riparo sotto le tende che, fortunatamente, Fabrizio di Ricoò e Marco di OMT Garage hanno montato dietro ai furgoni. Poco male, ne approfitto per un panino e una birra nella tenda allestita da Deus.

*si ringraziano Gabriele Cerri, Marco Campelli e Marco Renieri per le immagini dell’articolo

Snow Quake – Un giovedì di un giorno da cani

Finalmente. Era un anno che aspettavo. Saltata la prima edizione, causa febbre, questa non me la sarei persa per nulla al mondo. La data del 19 gennaio è da settimane che ha una croce rossa sulla casella. Alzataccia al mattino per non perdermi nulla, alle 6.00 il mio amico Gabriele è in strada che mi aspetta. prendo la borsa con il cambio “neve” e sono pronto. Mi hanno raccontato di temperature incredibilmente rigide ma si sa, i motociclisti sono come i pescatori.

Che FREDDO! Arriviamo per primi, nel piazzale sotto il circuito c’è una Alpine A110 coperta di ghiaccio e, tempo di scendere dal furgone, ci ritroviamo circondati da scoppiettanti motociclette. 

Nota comune a tutte la difficoltà di accensione per il troppo freddo. Il sensore del furgone segna -9°, temporeggio e decido di spogliarmi dei panni cittadini per indossare la tenuta da sci che, grazie a Dio, mi sono portato dietro. Lascio solo i guanti pesanti, impossibile usarli per scattare con la mia nuova Hasselblad 1DX e per pilotare il DJI Mavic pro e opto per dei guanti touch che purtroppo si rileveranno un tantino leggeri.

Per macchina fotografica e drone è il primo test sul campo ed è la peggiore situazione che potevo immaginare. La macchina mi è stata consegnata il giorno prima e mentre tento di settarla inizio ad avere segnali dalle estremità delle mie dita. Nel giro di una mezz’ora perdo la sensibilità di entrambi gli indici. Il cambio delle ottiche si dimostra un’impresa difficile e dopo solo 3 ore di utilizzo la prima batteria è quasi a terra. Non ci sono problemi ne ho un’altra. La cambio e non da segni di vita. Difettosa. Non male per una macchina da 10.000 euro….. Mi consolo con un buon bicchiere di vino bollente che mi offre Gabriele.

Faccio un giro tra le moto e cerco di capire quale zona posso sfruttare per il decollo del mio Mavic pro mentre l’Alpine A110 si scatena sul tracciatoOrmai ho perso la sensibilità alle dita e, visto che tutto succederà dopo pranzo mi rifugio nel furgone per scaldarmi e ricaricare le batterie. Dopo un’ora mi decido ad uscire e fortunatamente incontro Marco Troiano di OMT Garage che provando pietà di me mi regala una bustina scaldamani e mi salva le falangi. Gliene sarò per sempre grato.

E’ ora della gara, estraggo il mio Mavic e mi piazzo sul tracciato stando ben attento a tenermelo abbastanza vicino visto che con questo freddo è un continuo segnale di allerta batterie.

L’allegra armata Brancaleone inizia sfidarsi sull’infida pista di ghiaccio ma a parte un paio di cadute non si registrano grossi danni e, nonostante l’intricata spiegazione sulle eliminazioni e le successive manche, tutto sembra svolgersi molto velocemente, grazie al cielo.La finale è senza esclusioni di colpi ma nulla possono fare i concorrenti contro un incredibile Giovanni Bussei che sembra voli sul ghiaccio con un grip da orso bianco. Congelato ma soddisfatto mi perdo anche la premiazione, che vedo da lontano, optando per il secondo bicchiere di Vin Brulè. Freddo a parte è stata una bellissima giornata tra amici ed ha sbagliato chi non è venuto anche solo a dare un’occhiata.  Me ne vado con la speranza di una terza edizione dove cimentarmi, dopo un corso intensivo alla Di Traverso School di Marco Belli, tra le curve ghiacciate di questo fantastico tracciato. 

Un week end Di Traverso

Da quando ho visto Marco Belli danzare sulle cunette di sabbia dell’ippodromo di San Sebastian non ho pensato ad altro, ci voglio provare anche io.

E finalmente le mie serate spese davanti al monitor mi hanno regalato una data, non ancora sold out, per una giornata in pista con la Di Traverso School.

Tra me e la pista solo un piccolo ostacolo, Renzi e il suo Referendum. Rinuncio, purtroppo sabato i posti sono esauriti e le date dei prossimi appuntamenti non ancora definite. Ma è nei momenti bui che le cose prendono una direzione diversa. E come nel teatro greco un Deus ex machina materializza un amico che due posti li ha. Ed eccomi, alle cinque del mattino, sfrecciare con il suddetto amico verso Misano Adriatico per una giornata che non dimenticherò mai.

La giornata è grigia, ma non ci scoraggia. Arriviamo al circuito e non troviamo l’ingresso, ma neppure questo ci scoraggia. Circumnavighiamo il tracciato dall’esterno e non c’è verso di trovare l’entrata, a questo punto un po’ di scoramento inizia ad insinuarsi nei nostri cuori. Non ci diamo per vinti, imbocchiamo l’unico varco aperto nella recinzione che indica il circuito Kart e finalmente arriviamo.

Per me essere in un tempio della velocità come Misano è già fonte di emozione, figuriamoci quando mi volto e vedo, oltre alle SR400 allineate sotto le tribune della Flat Track Arena, una nutrita compagine di piloti con la loro moto privata. Con la salivazione a zero mi avvio alla registrazione dove vengo accolto dalla famiglia Belli, come un vecchio amico e tutta la tensione si scioglie in una buona tazza di caffè accompagnata da un pezzo di torta.

Espletate le formalità è tempo di vestirsi e di dirigersi verso l’arena. Indosso le protezioni, il completo che mi ha fornito il mio amico Ricoo’ e il mio nuovo casco DMD. Sono con gli stivali sulla pista.

La compagine agguerrita che avevo visto al mio arrivo si rivela un allegra compagnia, sempre agguerritissima ma altrettanto simpatica. Tra questi c’è anche Gianluca Nannelli con due giovani leoni della sua factory e, a guardarli girare, si capisce quanta differenza ci sia tra un amatore, come il sottoscritto, e chi la manetta ce l’ha nel sangue. 

Sotto la regia di Marco Belli affrontiamo esercizi dove il mio equilibrio viene messo a dura prova come quello dei birilli che puntualmente travolgo. Donuts, sgommate, ripartenze, derapate, grazie a Dio ci dividiamo in due turni così da riprendere fiato.

Ne approfitto per fare qualche ripresa con il mio Yuneec Typhoon H sbizzarrendomi in inseguimenti dei piloti, panoramiche e…tutto impegnato a seguire una gimkana non mi accorgo di un gruppo di alberi troppo vicini. Fine delle riprese aeree.Non importa, è tanta l’adrenalina che parcheggio il rottame e sono di nuovo in sella. Le ore passano in un lampo, si pranza e siamo di nuovo in pista, ora ci aspetta qualche giro completo del “fagiolo” e, appena poco prima che la sera ci sorprenda, una serie di giri del circuito completo che, sorpresa, ha una curva “decisamente” a destra…Dopo aver girato sempre e solo concentrato sul far derapare la moto girando a sinistra sono colto di sorpresa e vado dritto. con la coda dell’occhio vedo che per alcuni dei mie compagni la manovra riesce per un pelo ma parecchi finiscono per terra alzando maestosi polveroni.

Ma l’unica cosa che ci ferma è il sopraggiungere delle tenebre, e la mancanza di illuminazione mette la parola fine ad una giornata che avrei voluto durasse per sempre.

Grazie Marco per la gentilezza e la pazienza che hai con tutti e per essere l’ambasciatore di una disciplina che mi ha fatto ritornare bambino in sella alla Saltafoss oro e nera, esattamente come la yamaha sr400 che nella foto sopra Alessandro sta  guidando magistralmente. Ci rivedremo presto.

Lasciatemi dedicare le ultime righe ad un mio amico che, due giorni prima di questa indimenticabile giornata, se ne è andato sopraffatto da un male contro il quale ha lottato per un anno intero. Questa giornata la dedico a lui che,insieme a pochi altri, nonostante mi si scorgesse poco in mezzo alla polvere della vita,  mi ha dato una possibilità. Nel pur poco tempo passato insieme hai lasciato un impronta indelebile nella mia anima. Ciao Mauro.

Il figliol prodigo

La sua partecipazione al Vintageride (http://impossiblegarage.com/blog/2016/05/28/vintage-ride_giorno-1-wrong-way/) aveva messo a dura prova la sua, pur forte, fibra. Dopo mesi di cure, e un cilindro rimesso a nuovo, è tornata a ruggire. Allora l’abbiamo portata in gita a contemplare un bellissimo tramonto. Mölta è tornata.

Un weekend da leoni

Quello della fine di settembre  è stato un  weekend ricco di eventi per gli amanti delle special a due ruote. Sabato in contemporanea mondiale si svolgeva il Bike build off, evento di Deus, e domenica il The Distinguished Gentlemans Ride, organizzato a Milano da Matteo Andreani.

 

Due splendide giornate all’insegna del sole e del gran caldo. Finalmente i ragazzi di Deus sono riusciti ad avere un’area consona all’evento ottenendo la chiusura al traffico di via Thaon de Revel cosi da poter avere molto più spazio per le moto in gara e per il pubblico, donando un colpo d’occhio finalmente degno dello spirito del marchio.

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Tantissimi appassionati e giudici di prima classe per la giornata di sabato da Deus. Le moto sono tantissime, anche se alcune piazzole rimangono vuote per defezioni dell’ultimo minuto, ma la mia attenzione viene subito attirata da un’incredibile scultura verde metallizzato con forcella ricurva e la scritta Ciao sul carter della trasmissione.img_20160924_142655

Ci sono un sacco di bellissime moto ma io ho già scelto, non voto neppure e potrei già andarmene sicuro che quel pazzo visionario che si è inventato questa trasformazione ha già vinto. E alla fine sarà così, per la categoria fino ai 50cc, con sorpresa finale, incontro Marco di OMT Garage e gli indico  il dragster su base Ciao Piaggio, lui mi sorride e mi dice quello che in fondo mi aspettavo: “l’ha fatto mio fratello”. La classe non è acqua, e nella mia personale classifica dei preparatori OMT raggiungono vette mai esplorate. img_20160924_112204img_20160924_110311Il primo premio della giuria viene assegnato alla Oracolo, o meglio Ora_Colo, di Eugenio Vezzetti, già secondo l’anno scorso. Una bicilindrica russa destinata alla pressa di uno sfasciacarrozze e, grazie ad Eugenio, riportata, splendidamente, alla vita.img_20160924_182410Senza voto gli Advil Motociclette che espongono una Triumph………………..img_20160924_104830

…….e si accorgono di essere finiti in un contest di preparatori……..img_20160924_134551ma sono così simpatici che non gli puoi dire niente.img_20160924_124942 img_20160924_104805 img_20160924_104639 img_20160924_104730 img_20160924_110334 img_20160924_104616Chiuso il capitolo Deus la mattina successiva mi alzo di buon ora, colazione, doccia e….vestito buono. Mi cambio più volte per la poca abitudine che ho con le cravatte e le giacche così da accumulare un notevole ritardo. Corro nel box, scelgo la Buell e nel tentativo di fare in fretta mi dimentico il cavalletto chiuso e sdraio la moto. Penso che tutto sommato potrei stare a casa ma un solerte vicino corre in mio aiuto e risolleviamo la moto e le sorti di una domenica iniziata così così.img_20160925_100512Arrivo percorrendo viale Monza e all’ingresso dell’Hangar Bicocca capisco che ho fatto la scelta giusta, dalla parte opposta si snoda un serpentone di centinaia di moto. Faccio finta di niente e mi infilo nel cortile dove ci sono un buon numero di moto in fila per la fotografia di rito. In meno di venti minuti si scatena l’inferno, dal portone (semichiuso?!) non si può ne entrare ne uscire perché tutti vogliono la foto, nonostante i volontari cerchino di far defluire le moto verso l’ingresso del museo attraverso una stradina di servizio. Location da rivedere ma numero di moto e facce sorridenti che a Milano non si vedevano da tempo. Nonostante il caos nessuno si lamenta, la gioia di stare immersi in questo mare di passione fa superare ogni avversità. Il mio personale senso della giornata lo colgo quando incontro lui ……img_20160925_101821….che mi ridà fiducia nel genere umano.img_20160925_102648 img_20160925_102356 img_20160925_102340 img_20160925_102031 img_20160925_102023 img_20160925_101831 img_20160925_100356 img_20160925_100539 img_20160925_100418 img_20160925_100534 img_20160925_100529 img_20160925_100521Giro intorno all’Hangar uscendo da dove sono entrato, la stradina si è trasformata in un imbuto e inizio a temere per il mio bicilindrico arroventato. Mi unisco al gruppone che imbocca viale Sarca, la quantità di moto è impressionante e dopo pochi metri siamo tutti imbottigliati. Nonostante tutto penso che di giornate come queste ce ne dovrebbero essere di più, soprattutto a Milano, dove abbondano i negozi da Bikers ma i Bikers non li trovi mai……..img_20160925_110350img_20160925_110345

Resisto per qualche centinaia  di metri, il gruppo gira a destra e io tiro dritto, oggi fa troppo caldo e mi aspetta l’ultimo bagno in Liguria.

Honda XL 600 R

CI si può divertire con una vecchia Honda XL 600 del 1985? Moltissimo. Folgorato sulla strada del Vintage Ride non ho pensato ad altro tutta l’estate. Dopo aver quasi demolito la mia amata Mölta durante la “massacrante” Milano-Sanremo su sterrato ho trovato un’occasione e non me la sono fatta scappare. Una fiammante Honda XL600R con tanto di tasselli nuovi. Sterrati, guadi, boschi regalano un senso di libertà che mi era sconosciuta.  Mi sono perso sul Po e armato del mio drone Yuneec Typhoon H ho documentato l’evento.

Glemseck 101 2016 _ Raduno Spettinato

La scelta del titolo mi ha portato via due giorni, per un po’ ha campeggiato l’aggettivo “ruspante” sulla pagina ma dopo una settimana ha lasciato il posto a “spettinato”. Perché , nell’ormai rigido “Hipster Dress Code” fatto di barbe, jeans risvoltati, stivaletti Redwing vissuti, è quello che centra in pieno lo spirito della manifestazione. Lasciato da parte il mondo dei fighetti da bar, dove ogni pelo della barba sa quale è il suo ruolo e se minaccia pioggia esce con la Smart, del quale anche io faccio parte……. (non curo il ciuffo per evidenti mancanze di materia prima), Glemseck 101 è il raduno Ruspante per eccellenza. Qui si ritrova gente che, con qualsiasi meteo, mette il sedere sulla sua moto e macina migliaia di chilometri all’anno. Migliaia di persone che riempiono dal primo all’ultimo giorno la splendida location di tra le montagne di Leonberg, una statale che per tre giorni viene chiusa e si trasforma nel parco giochi più “variegatamente” abitato che io abbia mai visto. Con qualche caso limite, anche se qui sembra sia la normalità.1

Armati di furgone di ordinanza, con la nostra Buell a bordo, attraversiamo la frontiera svizzera e tedesca senza che un gendarme si accorga di noi, alla faccia della chiusura delle frontiere…..cinque ore e siamo alla periferia di Stoccarda, nella zona universitaria, dove ci aspetta il nostro albergo. Dire che sia una zona triste è poca cosa, l’albergo ha tutto quello che serve, anche un’autorimessa gratuita, ma l’architettura dell’intero quartiere è l’esaltazione del cubo.

Grazie al cielo a poco meno di 6 chilometri il panorama cambia e ti ritrovi in mezzo al bosco dove, se ti sei dimenticato la cartina con le indicazioni per raggiungere la tua meta, l’arrivo al Glemseck 101 può diventare un’impresa non da poco. Deviazioni, strade chiuse, rotonde a sorpresa…alla quarta deviazione decido di passare dove c’è una transenna con divieto di transito, con una lunga spiegazione in tedesco…..e poco dopo veniamo bloccati. Abbiamo imboccato la strada che porta dritta al circuito, anzi nel circuito. Chiedo spiegazioni all’addetto della sicurezza, che parla solo tedesco, e ritorniamo indietro e solo per puro caso mi ritrovo davanti ad un’altra transenna dove una signorina gentile mi porge un pass, previo pagamento di 5 euro, e mi inoltro nel bosco dove poco dopo altri addetti ti indicano dove parcheggiare, a lato della strada che porta al raduno. I 5 euro saranno gli unici che bisognerà pagare per l’ingresso della manifestazione solo per chi si presenta in auto, per tutti gli altri l’ingresso è gratuito, anche il campeggio.dsc_4200dsc_4210 dsc_4207

Se vuoi attraversare il cuore della manifestazione in moto devi farlo alle prime ore del mattino perché poi può trasformarsi in un incubo. Nonostante le generose dimensioni dell’area tutto accade lungo la statale che, con con gli stand di preparatori e merchandising diventa simile ad un budello….. Al di là del tracciato di accelerazione, cuore pulsante della manifestazione, il luogo più abitato è l’hotel Glemseck dove di fronte campeggia il truck BMW Motorrad con una decina di special a riempire la piazzola, alle spalle dell’hotel un enorme prato dove sistemare moto e tende e subito di fianco un altro spiazzo dove campeggia il palco per le esibizioni musicali circondato da gazebo che servono cibo e birra come se non ci fosse un domani. A differenza delle frontiere la zona è militarizzata, il tracciato è transennato e inaccessibile, ma, grazie ad una giovane guardia e dall’orario mattutino, riesco a penetrare nel circuito e fare qualche ripresa con il drone. Sarà l’unica concessione che avrò, non dispongo di nessun accredito….img_20160903_105928

Poco male, ripercorro la strada insella alla mia Buell e mi consolo sorseggiando una birra, che qui, costa meno dell’acqua

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La Buell, o quello che ne resta, desta curiosità, ma ormai mi sono perso tra i fumi dell’alcool e tra la moltitudine di mezzi a due ruote e ad ogni domanda, rigorosamente in tedesco, sorrido rispondendo con un sonoro Danke! Fortunatamente ricevo in cambio grandi sorrisi e non schiaffoni ma nell’eventualità di un ripensamento trotterello verso il rettilineo di gara per godermi la corsa.dsc_4233 dsc_4236 dsc_4235 dsc_4175 dsc_4250

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Gli spettatori sono tantissimi, almeno quanto le moto, mai viste così tante insieme, e le tribune appaiono subito sotto dimensionate. Dall’altoparlante credo di recepire un appello alla democraticità della manifestazione el’invito ad un turn over con le persone che, accalcate alle transenne, aspettano di accedere al circuito, ma, visto che tutto è recitato esclusivamente in tedesco e tenuto conto che una parte abbondante delle tribune è stato riservato alla “stampa?”, me ne frego e non mollo la postazione. Mi affaccio e la calca allo start è uno spettacolo affascinate, fotografi, videomaker, giornalisti, meccanici, intravedo un giocoliere e forse un mimo, sono a ridosso dei piloti. Che invidia, vorrei esserci anche io. Il direttore di gara scalcia a vanvera per liberare la linea di partenza  e dagli altoparlanti si sente la prima frase in inglese dopo giorni “safety first!!” che viene ripetuto all’infinito, come un mantra, mentre mi sfrecciano davanti improbabili mezzi a due ruote cavalcati da ragazzi in jeans e camicia. Diventano subito i miei eroi. Le moto sono divise in otto categorie, divise un po…alla cazzo.Ma la mia attesa è per i Sultans of Sprint, riuscirà Luckycatgarage a riscattare la sconfitta subita l’anno scorso da parte del Solitario?? No. Dopo una serie di sprint tra moto che si spengono, frizioni che bruciano e ….non so che altro, la spuntano i ragazzi di Young Guns Speedshop che in sella ad una Moto Guzzi dragster stracciano la concorrenza. Come quando gioca la nazionale faccio subito mia la vittoria, in quanto italiano, e me ne vado con una promessa. L’anno prossimo su quel nastro d’asfalto ci sarò anche io.dsc_4438

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