Crescéndo_Deus Swank Rally_Autodromo di Monza_ chapter 2

crescèndo ger. (di crescere) e s. m., invar. – 1. Didascalia musicale che indica il graduale aumento d’intensità dall’uno all’altro suono di un passo musicale, abbreviata spesso in cresc. o ridotta allo speciale segno. 2. fig. Aumento progressivo d’intensità: un c. d’applausi, di urla, di fischi; la gara si svolse con un c. entusiasmante. (Treccani)

L’articolo potrebbe finire con la semplice pubblicazione delle foto realizzate da Marco Campelli, Marco Renieri, Francesco Ferrari e dal mio fido drone DJI Mavic come chiosa alla definizione data alla parola Crescéndo dalla Treccani.

Questa è la sensazione che ti rimane a quattro giorni dall’ennesimo entusiasmante evento di Deus Italia. Credo nessuno mai sia riuscito ad organizzare una gara di enduro all’interno del parco dell’autodromo di Monza, con arrivo sulla parabolica.

No ragazzi, non l’ha fatto mai nessuno.

Guardate bene le foto. Nella terza, in sella ad un Beta 250 regolarità del 1977, il pilota, sotto il casco rosso, ha un sorriso che gli va da un’orecchio all’altro. Come faccio a saperlo? Sono io.

L’immagine può trarre in inganno, sembra io sappia cosa stia accadendo, in realtà cerco di capire le intenzioni del mio scorbutico destriero, ma sono talmente affascinato dal luogo in cui mi trovo che lascio fare a lui.

Ormai in preda al delirio endurista, 10 giorni prima della gara brianzola, mi imbatto in un annuncio, su un noto portale di vendita online, di un Beta 250, ed è amore a prima vista.

Non ho mai guidato nulla di simile e mi appresto ad affrontare una gara mai realizzata fino ad oggi. Per precauzione chiamo mia mamma, un saluto prima della partenza, rimango vago sui programmi della giornata e lei si raccomanda di andare piano.

Accendo la moto e per prendere confidenza percorro un rettilineo alberato che porta al fettucciato. Prima, Seconda e finalmente in terza il Beta decide di riappoggiare la ruota anteriore sull’asfalto. Realizzo immediatamente che sarà una lunga giornata.

Mi faccio forza, drone in spalla vado verso il tracciato dove Matteo Quadrio sta definendo gli ultimi dettagli prima della partenza. Con la scusa del sopralluogo per le riprese approfitto per il mio giro di prova. Rettilineo di ghiaia spezzato da due varianti, freno, aspetto che il Beta riappoggi la ruota e sterzo. Lentamente supero gli ostacoli e, a metà del dei 5 chilometri di bosco lombardo, quasi mi commuovo. Lascio fare al Beta e mi guardo attorno. Tutto è così incredibile che non sembra vero.

Che posto ragazzi, e io sono qui, nel cuore del tempio della velocità a combattere con radici, rami e fango.

Quando credo di aver visto tutto con un piccolo balzo mi ritrovo sulla mitica parabolica di Monza, il cuore esplode e spero non finisca mai.

Ma è ora che cominci la gara.

Rapido briefing (non ammazzatevi e non ammazzate nessuno) e siamo pronti al via.

Come di consueto le mie ghiandole salivari decidono di andare in vacanza mentre aspetto il mio turno vicino al bidone dove è appoggiato il cronometro che sta scandendo il tempo del pilota partito prima di me. Tempo stimato per quelli bravi sotto gli 8 minuti. Fa un caldo allucinate, ogni trenta secondi allungo il collo per controllare il passare dei minuti, sembro un piccione. Decido di cambiare tattica e, per distrarmi, mi concentro sulla generosa scollatura del giudice di gara. Beccato, ritorno a fare il piccione.

E’ il mio turno, aziono il timer e parto. Sento urlare il mio nome (grazie Ale) e nella foga rischio di schiantarmi alla prima curva. In piena trance agonistica mi sembra di essere una libellula tra gli ostacoli. Ogni curva, salto o buca non hanno più segreti per me. Sicuramente stamperò un tempo record degno della mia mitica moto.

A riportarmi con i piedi saldamente per terra è Adelio Lorenzin (foto sopra) che in un punto impossibile mi passa come se io fossi seduto al bar a sorseggiare un caffè troppo caldo. Il tempo di sentire PISTA!! e non lo vedo più. Ma che importa procedo con la velocità di un levriero che insegue la lepre e…subisco un secondo sorpasso. Mi convinco di essere stato vittima di un miraggio e sono sulla parabolica. Volo verso il traguardo, inchiodo di fianco al bidone e clamorosamente sbaglio postazione. Arretro, corre in aiuto anche Ale che raccoglie il secondo cronometro. Si gira sconsolato verso di me e mi comunica che qualcuno lo ha già fermato su 8,22 minuti. A me sta bene.

Adelio si piazzerà secondo, forse perché ha trovato me sulla sua strada, ma non ho mai visto uno più felice ad una premiazione. (Secondo podio in due gare, per tutti e tre i primi classificati)

 

In realtà uno più felice c’era. Io. Grazie Deus Milano. Ci vediamo per la terza tappa.