Vintage ride_Giorno 1, Il guado

Grazie a Dio non è stato l’ultimo tagliolino…..ma l’inizio della mia avventura offroad. Dopo il caffè siamo pronti a partire, quasi, c’è ancora qualche moto che ha bisogno di una controllata, un GS80 con le pastiglie anteriori che non vogliono collaborare, ma ce la farà.DSC_4374Bastano pochi chilometri per rendermi conto che non posso più tornare indietro… entriamo nello sterrato inoltrandoci nella boscaglia, la strada curva leggerissimamente verso sinistra e ….scompare. Guardo a destra, vedo una persona su un ponticello di legno, brutto segno. Il mio cervello entra in modalità standby, in fondo al mio nervo ottico si accende un led rosso davanti al quale, una ad una, passano le diapositive più significative della mia vita:

  1. Io con la mia prima bicicletta, Carnielli, pieghevole,rossa con parafanghi gialli
  2. Papà che mi regala la Saltafoss versione Velocette a 4 rapporti, oro con parafango nero metallizzato
  3. Papà che mi regala la Leri da corsa, accessoriata turismo, sempre color oro metallizzato(una fissa), e mi strappa da una sicura carriera da fuoristradista

…..e capisco di essere perduto.

Davanti a me Marco e Paolo, per nulla intimoriti, si gettano nel guado e in un baleno sono dall’atra parte mentre io rimango solo con davanti….l’oceanoDSC_4378Mi guardo attorno e, al di là dei miei compagni di viaggio e un paio di fotografi pronti ad immortalare la mia disfatta non vedo novelli Mosè capaci di prosciugare lo specchio d’acqua che mi si para davanti. Raccolgo gli ultimi brandelli di dignità che mi sono rimasti e mi getto nell’acqua come se non ci fosse un domani e….sono di là. Al sicuro. I miei compagni si complimentano, i fotografi sono delusi, l’immagine di mia mamma che piange e di mia moglie che chiama l’assicuratore svaniscono e, come una farfalla che esce dal bozzolo, rinasco novello Edi Orioli in salsa ligure.DSC_4417

Sono un endurista

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The Reunion, parte 2

Come ha sempre detto mia mamma, il tardi fa la sera….e io l’ho trasformato nel mio credo, infatti sono sempre in ritardo. Ed è sera, quella che assomiglia alla notte, quasi mattino. Comunque siamo qui per concludere un discorso lasciato a metà. Bravi, bravi e ancora bravi, ecco cosa ci lascia The Reunion 2016. Due giorni spensierati, pieni di sole e facce sorridenti, l’occasione per vedere amici che non incroci da un po’ e la possibilità di camminare per qualche istante sull’ovale di Monza! Tante moto, agguerritissime sull’ottavo di miglio, tanta gente, agguerritissima davanti ai chioschi di ristoro. E quando, alle 13.30, finito di vedere le prove di accelerazione ci riversiamo tutti sullo “struscio” di The Reunion è il delirio. Sole, fame, sete, code e un vegetariano da sfamare. Avete mai avuto un amico vegetariano motociclista frequentatore di motoraduni e affini? Quando scocca l’ora di pranzo è come guidare una bici da corsa sul pavé ma senza sellino. In realtà i motociclisti odiano i vegetariani e per questo i raduni sono un tripudio di hamburger e salamelle, ma lui non cede e noi con lui…Dopo vari tentativi di guadagnarci un panino qualsiasi ripieghiamo sulla farinata, ma quella che ci sembrava una coda sopportabile in realtà celava uno stallo alla messicana, tanto che il pericolo di incrociare lo sguardo degli altri clienti ci spinge verso il truck della pizza….finita. Finita?! Sono le 13.45 e avete finito la pizza?! Non ci resta che inforcare le moto e uscire dal circuito. Troviamo un posto assurdo nei pressi della villa di Monza con tanto di ultimo giro delle superbike e rosticceria vegetariana. Io, per protesta,  prendo mezzo pollo arrosto e patatine fritte (cotti probabilmente la settimana precedente). Pago, ma prima di uscire mi faccio cancellare la memoria come in Man in Black per non ritrovare mai più quel locale. Purtroppo mi cancellano anche il ricordo della gara sull’ottavo di miglio, ma a dirla tutta non si era capito a che ora fosse. Si è fatto tardi ci salutiamo e andiamo a casa. Si, mi sono perso anche la finale dello sprint, ma ho visto le prove dove la splendida Cherry Salt ha dovuto alzare bandiera bianca per un guasto.DSC_3356 Però a conti fatti questa Reunion rimane un’esperienza positiva. Per l’anno prossimo mi riprometto di seguirla tutta sperando di trovare un catering da sagra di paese, svelti e mai a secco…. Di foto ne metto poche (c’erano più macchine fotografiche che fotografi e non farete fatica a trovarne di bellissime online)DSC_3389 DSC_3397 però il “filmino” l’ho fatto. Ciao

The Reunion, parte 1

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L’anno scorso ho bucato l’appuntamento, ma quest’anno non mi sono fatto sfuggire l’occasione. Il tempo meraviglioso, anche se sabato nubi minacciose accerchiavano l’evento, ha regalato una 2 giorni ricca di presenze ed emozioni. Nonostante un fastidioso impegno sabato ho raggiunto la manifestazione alle 18.30. Incrociando molte moto che se ne andavano mi è venuto il dubbio di essere arrivato troppo tardi, invece sono state le 2 ore meglio spese del week end. Poca gente tra gli stand, l’incontro di vecchi e nuovi amici, con i quali affronteremo la Milano Sanremo il prossimo fine settimana, e un meraviglioso cocktail al bar di Deus hanno allietato la serata. Nella luce di un meraviglioso tramonto mi sono aggirato tra le tende dei preparatori ad ammirare la moltitudine di special esposte. Davvero moltissime, quasi da far concorrenza al Wheels and Waves, complice anche la presenza ufficiale di case come Moto Guzzi , Yamaha, Triumph, Harley Davidson e BMW. Non ci sono i pezzi da novanta che si incontrano sulla costa francese ma il meglio della produzione nostrana. Era presente tutto il cast di Lord of Bike e OMT Garage, vincitore della prima edizione del programma di Sky, ha esposto, a mio avviso, una delle più belle moto presenti alla kermesse che avevo gia notato al bike shed di Parigi ad Aprile.DSC_3306 DSC_2821

Simpatia e concretezza della prestazione sull’ovale di terra, che li porta sul terzo gradino del podio, sono gli ingredienti degli stilosissimi Anvil Motociclette, poche moto ma tante magliette…Qua e là qualche pezzo pregiato come la Yamaha di VibrazioniArtDesignDSC_3161 e, in fondo all’esposizione, quasi defilati , di fronte all’inarrestabile DJ in overdose di RedBull, lo stand di South Garage. Come ci hanno abituato espongono moto curatissime in ogni dettaglio, che mettono quasi in soggezione. Restiamo poco perché il visitatore non viene travolto dall’ospitalità partenopea che ti aspetteresti di trovare lì.DSC_3135 Cosa che invece succede allo stand di Emporio Elaborazioni Meccaniche Roma, appena mi avvicino con i miei amici al loro ultimo progetto veniamo accolti con un “ciao ragazzi, chiedetemi tutto quello che volete”. Non è una sorpresa, quando li ho conosciuti 2 anni fa a Parigi al mio primo Bike Shed si sono comportati allo stesso modo. Da prendere come esempio. Come la loro Transalp con carburatore doppio corpo di derivazione automobilistico e radiatore sotto sella.DSC_3303

Unico neo della manifestazione la totale assenza di indicazione dei campi di gara e la mancata pubblicazione degli orari degli eventi che ha lasciato i visitatori un po’ allo sbando. Tanto che anche io, che sono conosciuto con il soprannome di tuttocittà, tale è la mia capacità di perdermi, non sono riuscito a vedere l’ovale di dire track. Mi sono consolato con uno shooting privato di derapate che mi ha regalato Luca Viglio in sella ad una Yamaha SR400 di Deus Ex Machina.
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domani vi parlo del resto e magari riesco a postare il video

ICON 1000

Icon 1000 produce abbigliamento e accessori per motociclisti in quel di Portland, cittadina dell’Oregon che, nonostante la vicinanza con il Canada, complice il vicino oceano Pacifico, ha un clima abbastanza clemente verso i motociclisti. Non fa il freddo che ci si aspetta ma comunque hanno una media di 250 giorni di pioggia all’anno. Sarà per questo motivo, o forse perché la città fu fondata dai cacciatori di pellicce provenienti da Vancouver, che i ragazzi, di cui si riesce a sapere pochissimo dalla “rete”, fanno abbigliamento di grande qualità. Ma non solo. A chi ama le special e sta attento a quello che accade in questo variegato mondo non sono sfuggite alcune delle loro special, nate per far da traino al marchio, incredibilmente belle. Come Präem, alias Holographic Hammer, Icon 1000 sono il termometro delle tendenze in fatto di special. La tendenza del “less is best”, che ha contraddistinto la realizzazione di special dai pionieri di Deus ex Machina fino a Roland Sands, sta lasciando il posto allo step successivo, quello introdotto, secondo me inconsapevolmente, da quel matto di El Solitario con la carena “fantasma” della sua Impostor (su base NineT).Almeno in Europa perché, ad essere sinceri, Kochi Fujita di An-Bu Custom Motorcycle ha caratterizzato la sua produzione di special con l’utilizzo di bombatissime carene stile anni 60, quelle dietro le quali Agostini faceva incetta di Gran Premi, in salsa Miyazaki, per intenderci il papà dei manga animati tanto amati dai motociclisti giapponesi.el-solitario-impostor-savage-2

el solitario

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an-bu custom motorcycle

Ma tornando ad Icon 1000 vediamo di cosa sono capaci. Ogni anno in occasione del “The One Show”, il “The Bike Shed” d’oltre oceano che da 7 anni si tiene a Portland, presentano una nuova special. Le loro produzioni sono sempre accompagnate da video realizzati per esaltare le già spettacolari moto che riescono a tirare fuori dal loro magico cilindro….

Major Tom, una Gsxr 750 del 1986 con carena rivisitata, scarico 4 in 1 con terminale Yoshimura, forcella a steli rovesciati del decennio successivo al suo, forcellone allungato e cerchi in alluminio donato da un’Harley Davidson.

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Iron Lung, realizzazione di qualche anno fa, su base Harley 883 del 1991 con cilindrata portata a 1200 cc si ispira alle gare di endurance americane. Con una ciclistica totalmente rivisitata, nuove sospensioni posteriori e avantreno trapiantato grazie a nuove piastre artigianali, la moto sembra un proiettile d’oro pronto a seminare gli avversari sopraffatti dall’ululato del doppio scarico Supertrapp.

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La mia preferita? La New Jack su base Katana 1100 cc del 1982. ma merita uno spazio tutto suo.

Cafè Zero

Non è la presentazione di un prodotto Algida o una nuova miscela di caffè che scopriremo stasera, ma di una rivoluzione ormai inevitabile. Se poi ci mettono lo zampino White Collar Bike è chiaro che la rivoluzione è pronta a scoppiare. Alzi la mano chi non vorrebbe una Cafè Racer potente come una Suzuki Hayabusa alla quale fare il pieno alla presa della corrente di casa?zero-sr-2016

Quella che vedete sopra è la Zero SR, modello sportivo della Zero Motorcycle, costruttore di moto elettriche californiano. Superato lo shock dell’assoluta mancanza di un benché minimo rumore proveniente dal motore, quello che non mi spingerebbe a spendere 18.00,00 euro per portarmela a casa è il design. Rispetto alle moto elettriche viste fino ad oggi è la più aggraziata di tutte, ma trasmette poco fascino e pare se ne siano accorti anche a Scotts Valley, tanto che la soluzione l’hanno trovata in Indonesia. Ram Ram Januar ha ricevuto una SR e la prima cosa che ha fatto è stato smontarla completamente tenendo al loro posto solo il pacco batteria, trasmissione con braccio posteriore e telaio. Da una yamaha R1 ha prelevato la forcella anteriore con pinze radiali, ha costruito i cerchi a raggi, realizzato nuove piastre da alloggiare nel telaio e ha ricoperto il tutto con un elegante carena in carbonio. Vista la mancanza del cambio, e quindi della leva della frizione, Ram Ram Januar ha spostato il comando del freno posteriore al manubrio. Il risultato lo vedete qui sotto.custom-zero-sr-electric-motorcycle-8 custom-zero-sr-electric-motorcycle-2 custom-zero-sr-electric-motorcycle-1 custom-zero-sr-electric-motorcycle

Io la comprerei. Il lavoro fatto da Ram Ram Januar ha dell’incredibile, dare credibilità ad una moto di difficile impatto. E pensare che il costruttore non lo fa neppure a tempo pieno. Con un po’ di km di autonomia in più e delle infrastrutture “amiche” la diffusione di moto del genere sarà inevitabile. Per ora i dati di mercato indicano che le vendite annue di Zero Motorcycle sono pari a quelle che Harley Davidson realizza in due giorni. Ma staremo a vedere. E’ la stessa cosa che mi ha detto mia figlia quando ha deciso che mi avrebbe preparato il pranzo realizzando un hamburger senza l’utilizzo del pane. Mi sono seduto a tavola e, fiero di fronte a me, ho trovato un meraviglioso hamburger. Alla mia richiesta di spiegazioni mi è stato detto di provarlo e, a parte la strana consistenza del pane, era proprio buono. Bianco d’uovo montato a neve e messo a cuocere in forno, ecco cosa avvolgeva quel buonissimo hamburger. Una follia? Staremo a vedere.IMG_8764

Who are Mokka Cycles?

“Just a small team” è quello che c’è scritto sul loro sito. Due ragazzi di Budapest con una profonda passione per le moto cool e, devo dire con sincerità, che le loro realizzazioni non deludono mai, che si tratti di una moto 50 cc o di cilindrata superiore . Li avevamo notati già l’anno scorso, sempre a Parigi, e ci avevano colpito la cura e la raffinatezza dei dettagli che avevano le loro creature, nonostante fossero poco più di un ciclomotore. Quest’anno la stella di casa era indiscutibilmente Mokka Phylia, tubone anni ’80 personalizzato in collaborazione con Zsófi Fenyvesi. Designer, artista, skater, biker, sognatrice, questo è il profilo con il quale si descrive, ha creato Phylia a Budapest. Un contenitore creativo dove realizza personalizzazioni di skateboard, mobili, crea tessuti e opere d’arte con la freschezza e l’energia di una ragazza che strizza l’occhio a tutto il bello che ci ha regalato il design anni ’70. 10 e lode anche quest’anno, non deludono con le moto e, devo ammettere, anche con le collaborazioni.

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Parigi again

Lo so, il rischio di diventare noiosi e un po’ monotematici c’è. D’altra parte a Parigi c’è così tanto da vedere e da fare…..Ad esempio non vi ho parlato della Brigade. Meravigliosa presenza lo scorso anno all’ingresso di Bike Shed, davano conforto agli affamati visitatori con dei meravigliosi vassoietti d’asporto contenenti un letto di gustosissime patatine sormontate da un petto d’anatra alla piastra che non ti aspetti possa essere servito da un food truck.

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Ahimè quest’anno non li abbiamo ritrovati….almeno lì. Anche chiamando a raccolta tutta la parte vegetariana che si cela nella mia coscienza, sicuramente in qualche parte molto nascosta, non potevo andarmene senza assaporare quella delizia, infatti li abbiamo trovati (io e la mia parte carnivora, quella molto più facile da scovare), ma questa è un altra storia……con la quale vi annoierò…..diciamo domani, se ne avete voglia. Vi lascio al video dello scorso anno, mi ha regalato grandi soddisfazioni , 14000 visualizzazioni. I miei amici lo trovano noioso, ma si sà…a Parigi c’è cosi tanto da vedere……

while we’re in Paris…..

“Gia che siamo qui facciamo i turisti”. A questa frase sibillina datevi alla fuga. Se siete a Parigi per un week end all’insegna dei motori tecnicamente  non ci sarà spazio per nient’altro, a patto di autodistruggervi in estenuanti maratone tra musei e luoghi che assolutamente non potete esimervi da visitare. Poco importa se ogni volta che vi capita di andare a Parigi dovete non esimervi di fare esattamente le stesse cose……e così abbiamo fatto.Ma tra un hamburger da Blend e un Monet al museo D’Orsay ti puoi imbattere in una rarissima Delage DI 50 Special del 1939 parcheggiata al lato della strada come una qualunque Smart. Non avete mai sentito il nome di questo marchio? Neanche io. Fondata nel 1905 nei pressi di Parigi da Louise Delage, ingegnere della Peugeot, l’azienda divenne la più importante produttrice di auto di lusso d’Europa. Dopo svariati successi in gare internazionali la seconda guerra mondiale ne sancì la definitiva chiusura. Ehh Parigi…..

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